La questione delle disarmonie mi ha sempre fregato, fin da giovane. Un quadro appeso storto, una coperta non dritta. Ne ho sempre patito e questo mi ha costituito spesso un peso. Non vorrei apparire vintage e un po' stucchevole a fare certe considerazioni, ma fatto sta che oggi la maggior disarmonia che mi infastidisce è quella che riguarda la differenza di educazione generazionale. Oggi non ci si saluta più! Soprattutto tra giovani. Oppure tra sconosciuti. La prima forma più antica e basica che lega immediatamente due persone è oggi sparita.
Vi siete accorti che chi saluta è strano? E' guardato male. Sembra un alieno.
Dove si sia interrotto il meccanismo non l'ho ben capito, ma dev'essere andata che improvvisamente noi adulti di oggi abbiamo ritenuto che l'educazione non fosse più una buona cosa da insegnare ai nostri giovani e con effetto domino, anche chi salutava ha smesso di farlo per non ledere la libertà altrui, chissà.
Peccato però, a me piaceva tanto. E per tenere viva questa abitudine forse devo recarmi in quei posticini sperduti di montagna dove, avvolti nell'incanto della natura, storditi solo dal meraviglioso cinguettio di qualche uccelletto, l'incontro improvviso e imprevisto con un essere umano crea subito una certa fratellanza. Forse il relax aiuta ad amplificare il nostro sentire e ci rende più predisposti a gesti di naturale spontaneità. Se così fosse, la stessa regola dovrebbe valere anche mentre si passeggia su una spiaggia. E invece lì non nasce questa immediatezza. Potrebbe essere una questione di fatica? di malinconia? di paura? Vale tutto e non vale niente.
La cosa più sorprendente è che salutarsi tra sconosciuti è un gesto veramente speciale. Non è un atto dovuto, ma un regalo sincero. Quattro o cinque parole dedicate a noi! Ma che bello! Ed è uno dei pochi modi rimasti ad unirci tutti sotto lo stesso Universo, a riconoscerci appartenenti allo stesso genere...avversità o gioie che si abbiano in quel momento in comune.
A me piace tanto vedere la reazione di chi sale in ascensore e in mezzo metro quadro è costretto a rivolgere una parola di obbligata circostanza con lo sconosciuto della porta accanto. Non c'è più l'abitudine a questa manifestazione di parole e spesso l'imbarazzo risulta altissimo, risulta un atto di coraggio più che una riverenza.
Però è bello che ogni tanto accadano questi momenti. Servono a metterci di fronte ad una brevissima ma intensa convivenza in cui dare e ricevere sono parte di uno stesso programma che si consuma in pochi secondi e non impegna ma arricchisce. Pensate: due o più esseri umani hanno la fortuna di sfiorarsi, uno prende generalmente l'iniziativa chiedendo: lei a che piano va? e poi preme il pulsante. Da quel momento, ognuno con la propria individualità che mai scambierebbe con quella di chi gli sta accanto è costretto a condividere qualcosa di non programmato che lo porta a trovarsi più vicino del normale all'altro per un attimo anche se non voluto: l'attimo di fare insieme quei cinque o sei piani...di brividi! Hai detto niente.....
by Sonia Cascitelli
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Sono d'accordo su tutto. Un ottimo articolo, complimenti. Il concetto di "educazione" sembra seguire contorte evoluzioni (o involuzioni?).
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