In una casupola ai margini di un bosco, ai piedi di una montagna viveva una famiglia: mamma, papà e due bambini, Peter il più grande e Paul il più piccolo.
I due bambini conducevano una vita spensierata e libera giocando all'aria aperta. Spesso andavano a giocare a nascondino nel bosco dietro i grandi tronchi d'albero, raccoglievano anche fragole selvatiche, more, lamponi, qualche felce e fiore selvatico da portare alla mamma.
Un giorno come di consueto si inoltrarono nel bosco, ma quando furono arrivati sentirono un lamento, un fruscio: si guardarono bene attorno e non videro nulla, poi con l'orecchio stettero in ascolto e seguirono il lamento per sapere da dove proveniva. Cercarono di scoprirlo e lo trovarono.
Dietro un cespuglio videro un giovane cerbiatto ferito, aveva una zampetta rotta e ferite per tutto il corpo. Quando il cerbiatto si avvide dei due bambini li guardò con occhi grandi pieni di paura e di dolore.
I bambini agitati corsero a casa a chiamare il babbo:
- Papà, papà corri! Fai presto vieni nel bosco, c'è un cerbiatto ferito. Portiamolo a casa e curiamolo, fa tanta pena!
Il babbo e i due bambini ripresero la strada per il bosco e giunti sul posto il loro papà prese in braccio il cerbiatto e lo portò a casa.
A casa Peter, il bimbo più grande, si prese subito cura del cerbiatto, gli lavò le ferite, lo medicò ed il babbo cercò di aggiustare alla meglio la zampetta con un pezzo di legno e una fasciatura molto stretta. Poi gli diedero da mangiare, ma egli rifiutava il cibo, forse per il male o forse per la paura e questo ai bambini dispiaceva.
Il cerbiatto rimase con loro molto tempo, sempre triste, ma un giorno sembrò guarito. I bambini fecero amicizia con lui e il cerbiatto cominciò a dividere i loro giochi, facevano capriole, correvano, saltavano siepi con il loro cerbiatto, avevano un amico ed erano felici.
Così passò il tempo, ma un giorno il cerbiatto fuggì.
Peter lo cercò da tutte le parti: nella stalla, nel fienile, nei dintorni ma non lo trovò. Lo chiamava a gran voce:
- Fiocchino, Fiocchino! ... - ma il cerbiatto non riapparve.
Gli avevano dato quel nome per le macchie bianche sul suo dorso che sembravano fiocchi di neve.
Peter allora cominciò a piangere e a disperarsi, capì che Fiocchino era fuggito perché aveva preferito la vita del bosco alla vita domestica, forse non gli interessava più la loro compagnia e amicizia:
- Ingrato, ingrato! Gli abbiamo salvato la vita e lui così ci ripaga! ... - gridava Peter.
Il babbo fece notare a Peter che il suo atteggiamento era sbagliato, che gli animali del bosco hanno anche loro la propria famiglia: mamma cerbiatta, papà cerbiatto e dei fratelli cerbiatti proprio come lui, ed era giusto che Fiocchino avesse scelto la sua libertà. Era ingiusto ed anche egoista pretendere che un animale dovesse vivere sempre con loro rinunciando alla sua libertà istintiva solo perché l'uomo pretende riconoscenza da essi.
Peter capì finalmente, ma non si dava pace ugualmente e andava nel bosco a cercare il suo cerbiatto.
Un giorno lo vide che si abbeverava ad un ruscello e lo chiamò:
- Fiocchino, Fiocchino! .... - ma il cerbiatto scomparve nella macchia e Peter ritornò a casa molto amareggiato e deluso.
Il babbo gli disse che gli animali non dimenticano il bene che si fa loro e consigliò a Peter di non cercare più con insistenza il cerbiatto, ma di seguirlo da lontano se l'avesse visto, senza disturbare la sua libera vita.
Così nella casupola del bosco la vita continuava tranquilla come sempre e i due ragazzi ripresero i giochi di un tempo.
Un giorno Peter decise di andare a raccogliere lumache, mentre il fratellino Paul rimase a casa ad aiutare il babbo ad accatastare la legna per l'inverno. Si addentrò nel bosco, cominciò a frugare tra l'erba per trovarne quando si avvide di un rovo bellissimo carico di more:
- Che belle more!!! Le voglio raccogliere, mamma ci farà la marmellata e sarà molto contenta.
Peter raccolse more, erano così belle polpose che era un vero peccato non raccoglierle. In punta di piedi si alzava e si spingeva in avanti per poter meglio raccoglierne quando rimase prigioniero delle spine del rovo. Cercava di liberare il maglione che indossava dalla spine, ma più si dibatteva più rimaneva prigioniero e cadde nel cespuglio. Peter gridò spaventato, chiamò aiuto, ma nessuno lo sentiva, era lontano dalla sua casa.
Arrivò la sera e cominciò ad avere freddo e paura, il bosco era umido e quasi del tutto buio. Non sapeva liberarsi e la paura gli cresceva in petto, pensava: "Tutta la notte qui prigioniero, morirò di spavento!".
Gli alberi gli sembravano giganti e le loro ombre tante facce che lo schernivano e si prendevano gioco di lui. Le spine lo martoriavano.
Era ormai privo di speranza quando sentì vicino a lui un fruscio, si spaventò, ma subito i suoi occhi brillarono di gioia. Fiocchino, il cerbiatto amico, era li che lo guardava con i suoi occhi tristi. Poi lo vide scomparire nel bosco. Il cerbiatto corse sulle sue snelle zampe alla casa di Peter. Con il muso e le zampe picchiò alla porta. Il papà di Peter si affacciò e il cerbiatto girò gli occhi e il dorso al bosco. Il babbo capì che qualcosa di grave era successo, che il suo ragazzo era in pericolo e che il cerbiatto era venuto a chiamarlo per aiutarlo. Prese con se la borsa con gli attrezzi da falegname, seguì Fiocchino correndo e si addentrò nel bosco mentre l'oscurità cominciava a scendere. Raggiunse il cespuglio di rovi e intravvide Peter tremante e pieno di paura prigioniero dei rami spinosi; con la scure tagliò i rami e fece un varco da dove Peter poté liberarsi.
Quando Peter fu libero, abbracciò il cerbiatto e lo baciò riconoscente, dicendogli all'orecchio:
- Siamo ancora amici e tu sei l'amico più caro del mondo. -
Gli occhi di Fiocchino brillarono nel buio come commossi poi si girò e scomparve veloce nella notte.
Peter aveva capito che poteva contare su un grande amico fedele.
MORALE: L'aiuto che prestiamo al prossimo deve essere un dono del cuore e non ci si deve aspettare alcunché a cambio. I veri amici si riconoscono nel momento del bisogno.
Milano, 1976
Nonna Mariuccia
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