Los Angeles, 1956. Ruth Handler lavora nell'azienda che suo marito Elliot ha fondato con l'amico e socio Harold "Matt" Matson.
L'Azienda in questione è la Mattel (Matt" sta per Mattson ed "el" per Elliot) e si occupa di produrre, all'interno di un modesto laboratorio, mobili e oggetti per le case delle bambole. Ruth si accorge che la figlia Barbara, allora quattordicenne, non gioca più con i bambolotti di pezza ma si diverte con piccole sagome di cartone a cui fa "indossare" vestiti ritagliati dalle riviste di moda che possiede la madre.
L'intuito femminile di Ruth fa partorire allora un'idea originale: creare una bambola diversa, "moderna", con gambe lunghe, vita sottile, abiti eleganti: molto più simile ad una donna che ad una bambina.
La proposta però, viene bocciata dal marito e dal suo socio, convinti che un prodotto del genere non avrebbe avuto un mercato promettente.
Qualche mese dopo Ruth ed Elliot, insieme ai loro figli Barbara e Kenneth (guarda caso Barbie e Ken), si recano in vacanza in Svizzera, a Lucerna e lì, nella vetrina di un negozio vedono una bambola in tutto simile all'idea di Ruth; misura 29,5 cm di altezza, è realizzata in plastica, raffigura una donna famosa che ricorda Brigitte Bardot e indossa una tuta da sci.
Era Lilli, la versione "tridimensionale" della protagonista di una striscia a fumetti del quotidiano tedesco Bild Zeitung.
Barbara si innamora di questa bambola, così simile a quelle di carta con cui gioca, e desidera comprarla. Visto il discreto successo riscosso da Lilli in Germania, Ruth riesce finalmente a convincere il marito a realizzare la sua idea. Viene realizzata in vinile.
Nel 1959, alla Fiera del giocattolo di New York, viene presentata Barbara Millicent Roberts, alias Barbie, la prima bambola "moderna": lunghi capelli biondi raccolti a coda di cavallo, occhi azzurri, costume da bagno zebrato, sandali, occhiali da sole e orecchini (??).
Molte madri bigotte e conservatrici giudicarono in principio Barbie eccessivamente prosperosa, disinibita e sexy e pertanto poco propedeutica nelle mani di una bambina.
Le bambine, al contrario, erano entusiaste di poter giocare con una bambola che aveva così tanti vestiti ed accessori mai esistiti prima in un campionario di bambole.
Il successo non tardò ad arrivare e la Mattel, nel primo anno, vendette oltre 350 mila esemplari. "Ogni ragazza ha bisogno di una bambola attraverso la quale proiettare la sua visione del futuro" ha affermato Ruth Handler "e per vedersi a 16 o 17 anni è stupido pensare che possa farlo con un bambolotto 'piatto': per questo ho dato a Barbie un corpo da donna".
Tale trionfo si deve in gran parte alla geniale intuizione di Ruth Handler, cioè commercializzare una bambola con ampio guardaroba fatto di abiti e accessori da scarpe a braccialetti venduti separatamente e assolutamente intercambiabili da Barbie in Barbie.
Una continua attenzione all'innovazione ha fatto sì che Barbie potesse essere sempre al passo con i tempi e vestire, di volta in volta, i panni di astronauta, di ballerina, di hostess ma anche di sergente dei Marines, di diplomatica, di candidata presidenziale ben prima che ciò accadesse alle donne nella realtà.
E chissà che da lì poi non siano veramente nate tutte le ideologie femministe che si sono sviluppate negli anni a venire.
Negli ultimi cinquant'anni Barbie, con quasi due miliardi di pezzi venduti in oltre 150 Paesi, è diventata non solo una protagonista indiscussa dell'industria del giocattolo ma anche un'icona di uno stile di vita "fashion".
In realtà, al di là del successo planetario della famosa Barbie, quello che Ruth creò, fu la nuova sensazione con cui ogni bambina cambiava il modo di rappresentarsi attraverso i suoi giocattoli: con un bambolotto tra le mani la bambina si sentiva "mamma" ma con una slanciata Mattel ogni bimba si sentiva "donna". Poco importava se tutta quella plastica non ispirasse alcuna tenerezza.
Sonia Cascitelli
(fonti web)
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