La mitologia ci racconta una storia d'amore, di quelle a lieto fine come le favole, quando trionfa l'impossibile.
Pigmalione era il re di Cipro, ma prima ancora che re, un abilissimo scultore capace di creare, con la passione data dalla propria arte, statue di una bellezza inusitata.
Ma era anche un uomo impigliato nella più tetra solitudine, dato che non aveva mai trovato una donna degna del suo amore.
Pigmalione scolpì una statua d'avorio bellissima, ogni giorno la ritoccava per renderla sempre più perfetta, e la fece tanto bella che fini per innamorarsene pazzamente considerandola il proprio ideale di donna al punto di dormire a fianco di lei, preferendola, a qualunque corpo caldo di donna, nel proprio letto. La chiamo Galatea.
Rivolse quindi una accorata preghiera ad Afrodite affinché la animasse e la facesse diventare sua sposa, la dea dell'amore, impietosita dal suo vivo ardore, esaudì il desiderio e Pigmalione vide mutare l'avorio in carne, il petto inizio a respirare, gli occhi a schiudersi, afferrò la mano della sua amata Galatea e la sentì diventare calda e soffice e poté abbracciare quella donna che aveva tanto adorato.
L'artista è come l'innamorato, adora alla follia ciò che ha creato la sua immaginazione e scolpito le sue mani.
Certo occorre una sensibilità particolare, la costanza di inseguire i propri ideali di talento e coraggio, credere alla propria ispirazione, perché si possa rinnovare il mito di Pigmalione o la metafora di Galatea, donna incompiuta che diventerà tale solo quando troverà un uomo capace di plasmarla, di capirla, di modellarla e infine di darle vita con la forza del suo amore.
(Ernest Normand, Pigmalione e Galatea, 1881)
Giuliana
dipinto di Jean-Léon Gérôme (1824-1904) - Pygmalion and Galatea (1890) - olio su tela
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