lunedì 13 giugno 2016

IL PRET DE RATANÀ - DON GIUSEPPE GERVASINI

Don Giuseppe Gervasini (S. Ambrogio Olona 01.03.1867 - Milano 22.11.1941) fu un sacerdote alquanto particolare. 
Lo chiamavano Pret de Ratanà perché era stato mandato nella parrocchia di Ratenate, un tempo frazione di Vignate e ora nel territorio del Comune di Rodano, dove fu cappellano dal 1897 al 1901, è molto venerato in Lombardia, benché non sia stato canonizzato dalla Chiesa cattolica. 
Nato in una famiglia povera (il padre era cavatore di pietra e la madre lavorava in filanda), si trasferì da bambino insieme ai genitori all'Isola, malfamato quartiere milanese della zona di Porta Garibaldi. Dimostrò sin da piccolo una viva intelligenza e intraprese i suoi studi a Varese al collegio-convitto C. Colombo, dove inizia il ginnasio. Dopo la morte del padre, la mamma Luigia, per assecondare il desiderio del figlio di intraprendere la via del sacerdozio, lo iscrive al collegio di Valdocco, fondato a Torino da Don Bosco, a quei tempi ancora vivente. Tornato in Lombardia frequenta la terza liceo a Monza e, dopo la morte della madre nel 1885, passa al seminario teologico di corso Venezia a Milano dove termina gli studi.
Durante il servizio di leva, prestato a Caserta quale addetto alla sanità tra il 1887 ed il 1888, sviluppa in prima persona la conoscenza di mali e rimedi e scopre forse il dono o carisma della guarigione.
Ordinato sacerdote nel Duomo di Milano nel 1892, celebra la sua prima messa a Sant'Ambrogio Olona.
Le sue qualità di guaritore e taumaturgo, nonché la capacità di usare erbe medicinali per la confezione di decotti e unguenti per curare le più svariate malattie, gli procurarono una vasta fama che si diffuse sino alla metropoli lombarda e numerosi erano coloro che, o per mancanza di mezzi o per sfiducia della medicina "ufficiale", si rivolgevano a lui per avere aiuto e consiglio.
Questa qualità suscita sospetto e invidie nelle gerarchie ecclesiastiche, che lo giudicano un "prete scomodo". Il conte Alessandro Greppi, nei cui possedimenti si trovava la parrocchia di don Giuseppe, nel 1901 chiese e ottenne dall'allora Arcivescovo di Milano, cardinal Ferrari, la sua sospensione a divinis, ma il cardinale Schuster lo riabilitò.
Era una persona rude e usava parole dure, anche parolacce. Visse in completa povertà e non chiedeva mai compensi. Era un guaritore di anima e corpo e curò tantissime persone, sopratutto povera gente. Tante erano le persone che tutti i giorni si recavano da lui provenienti anche da lontano. 
Probabilmente conosceva molto bene le proprietà delle erbe, ma la cosa particolare era che lui sapeva quale fosse il problema ancor prima che le persone parlassero. 
Molti sono gli episodi particolari: come quella volta che doveva prendere il tram, ma siccome non aveva i soldi del biglietto non lo fecero salire e allora lui disse semplicemente che sarebbe andato a piedi e che sarebbe arrivato prima lui. Dopo poca strada il tram si fermò e fino a sera nessuno riuscì a smuoverlo.
Claudia Perini ricorda: Mia madre e mia nonna sono andate diverse volte da lui, avrei tantissimi episodi da raccontare... La cosa che mi ha sempre colpito è che a mia nonna regolarmente diceva chi avrebbe incontrato andando a casa (diceva nomi e cognomi) intimandole "fermes minga a zabetta! " (non ti fermare a spettegolare).
Quando morì, i fedeli fecero una colletta per poterlo seppellire al cimitero Monumentale, ma dopo breve tempo dovettero spostarlo in fondo al Cimitero stesso, in uno spazio più ampio, perché erano numerose i pellegrini e fedeli che si recavano alla sua tomba per pregare. Oggi la sepoltura è tenuta in ordine da volontari e tanti sono ancora coloro che si recano con fiori e lumini a chiedere la grazia.


Fonti:

Kly

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