mercoledì 22 luglio 2015

BORIS E GLI ORSI BIANCHI

In un paese freddo e lontano del Polo Nord, dove vivono i goffi orsi bianchi, le simpatiche foche dal muso baffuto, i grossi cani da slitta, i lupi voraci, gli uomini vivono in cupole di ghiaccio sempre impellicciati come tanti Babbo Natale.
Usano le slitte trainate dalle infaticabili renne, che correndo su piste di ghiaccio, li trasportano da un paese all'altro.
Quel giorno il piccolo Boris strusciò il suo nasino freddo con quello della sua mamma, l'abbracciò e sventolando la manina chiusa in un guanto candido di pelo d'orso, salì sulla slitta, la fedele renna si avviò e la slitta scivolò sulla neve: la scuola lo aspettava.
Il vento soffiava martellandole paffute guance di Boris, mentre la slitta scivolava sempre più lontano.
Finalmente arrivarono. Boris si introdusse precipitosamente nella scuola, aveva tanto desiderato imparare, di conoscere cose nuove.
La renna lo aspettava mangiando licheni ormai riposata, tranquilla. La fine delle lezioni era ormai prossima,Boris ne uscì felice, aveva preso dei bei voti, la sua mamma ne sarebbe stata felice.
Salì sulla slitta mentre questa cominciava a scorrere sul ghiaccio per la via del ritorno. Boris guardava davanti a sé, la renna correva veloce e pensava alla sua mamma che l'attendeva là sulla soglia dell'igloo, dalla cupola d'argento illuminata dal sole.
Appena arrivato, la mamma uscì al sentire la slitta avvicinarsi. Abbracciò suo figlio ed entrò con lui in casa, i risultati scolatici di Boris la resero felice, s'avvicinò a lui e lo baciò strofinando il naso contro quello gelido di lui, poi lo volle vicino e lo coccolò e lo tenne stretto a sé con tutta la tenerezza di una madre.
Al pomeriggio, terminati i compiti, Boris uscì dalla su casa, fece una lunga passeggiata. Non s'avvedeva di quanta strada stava percorrendo, i suoi piedini impellicciati, camminavano cauti sul ghiaccio senza lasciar impronta, ma bisognava stare attenti a non spingersi troppo lontano altrimenti sarebbe stato lungo il ritorno.
Camminava sereno quando ad un tratto vide da lontano un orso bianco seguito da due orsetti. Come erano belli! Il loro pelo bianco avorio sembrava avere riflessi d'oro. L'orso con la sua poderosa zampa stava rompendo il ghiaccio per poter frugare nella spaccatura alla ricerca di cibo per sé e i suoi piccoli.
- Ma è una mamma orsa! Come è amorevole con i suoi cuccioli - esclamò Boris incantato.
Avrebbe dovuto aver paura invece la osservava estasiato e non pensava minimamente fuggire.
Quando mamma orsa ebbe procurato il cibo ai suoi piccoli se ne andò seguita con passo goffo da loro.
Boris fece rientro a casa. Alla sera quando si fu coricato sul suo giaciglio di pelliccia, il suo pensiero ritornò vivo agli orsi bianchi e così riflettendo accarezzava dolcemente la coltre di pelo che lo copriva e lo teneva caldo, come se quelle carezze fossero indirizzate ai piccoli cuccioli.
Si addormentò promettendosi:"Domani li cercherò, vorrei rivederli!"
Il giorno dopo Boris andò alla ricerca di mamma orsa.
Scoprì che viveva in una caverna di ghiaccio e Boris restò a lungo a contemplarli in silenzio. Avrebbe voluto diventare amico loro, entrare a giocare insieme, come si fa con gli orsetti di stoffa, ma sapeva anche che potevano essere aggressivi e pericolosi e perciò si accontentò di di guardarli senza essere visto a distanza di sicurezza.
Così tutti i giorni Boris cominciò ad andare a far visita ai suoi amici orsi, senza essere visto. Un giorno però li trovò addormentati, il giorno dopo dormivano ancora e pure il giorno seguente.
Pensò - E' strano, non vedo più mamma orsa procurarsi il cibo e nemmeno prendersi cura dei piccoli. E' strano, molto strano davvero! Sono sempre qui, immobili, in questo dirupo di ghiaccio, protetti dal vento. Che siano ammalati? Chiederò al babbo. Gli racconterò che vengo tutti i giorni a trovarli, ma ultimamente dormono sempre e forse sono malati.

Quella sera stessa Boris parlò a suo padre, gli raccontò delle sue visite quotidiane e della sua preoccupazione al vederli sempre addormentati.
Il padre, l'ascoltò e poi disse:
- Boris, lo sai che gli orsi bianchi possono essere molto pericolosi figlio mio?
- Si, lo so! io sono amico loro, ma loro ancora non lo sanno! - esclamò Boris
Il babbo accarezzò il suo bambino dolcemente, lo rassicurò e gli spiegò che era del tutto normale che gli orsi dormissero in continuazione durante tutto l'inverno, erano solo caduti in letargo, un profondo sonno naturale.
- Si risveglieranno in primavera vedrai! 
Boris si sentì sollevato, ma continuò ad andare a controllare il sonno dei suoi amici e ad aspettare il risveglio.
Passò il lungo inverno, arrivò la primavera, l'aria cominciava ad essere meno fredda, il grande mare di ghiaccio cominciava a dividersi e sciogliersi.
Boris capì che la stagione mite era arrivata, ma i suoi amici orsi non si erano ancora ridestati come le aveva spiegato il babbo. Così chiese a suo padre di accompagnarlo a controllare.
Il babbo prese per mano il figlio e si fece condurre da lui fino alla caverna degli orsi.
Appena giunti, cautamente guardarono all'interno della caverna e non ebbero dubbi: mamma orsa appariva evidentemente ammalata e i suoi cuccioli rannicchiati vicino a lei erano deboli e non riuscivano a reggersi sulle zampe.
La fame e la malattia li avevano resi meno aggressivi, sembravano coscienti della loro condizione e volgevano i loro grandi occhi pieni di tristezza chiedendo aiuto.
Il babbo e Boris sentirono nel loro cuore una morsa di sofferenza e di pietà per quei poveri animali, così che precipitosamente decisero che bisognava attuare in fretta.
- Andiamo Boris, se vogliamo salvarli bisogna procurare loro del cibo. 
Poco dopo ritornarono con del pesce fresco che mamma orsa annusò ma rifiutò e che i cuccioli invece sbocconcellarono.
- Lasciamoli soli - disse il padre - ritorneremo domani con altre provviste.
- Hai visto papà, avevo ragione. Mamma orsa è ammalata e non può procurarsi il cibo per sé o i cuccioli. Speriamo di poterli salvare, non voglio che muoiano. - dise Boris
- Stai tranquillo figliolo, vedrai che se la caveranno! -
Tutti i giorni Boris e suo padre si recavano a trovare i loro amici orsi, portando loro del cibo affinché guarissero e si rimettessero in forze.
Giorno dopo giorno cominciarono a notare un miglioramento e così il babbo consigliò che non sarebbe stato opportuno continuare con le visite. La loro natura a volte aggressiva poteva essere pericolosa ed era giusto lasciarli in pace.
Boris sollevato e felice di aver aiutato i suoi amici, riprese la sua vita di sempre concentrandosi ancor di più negli studi.
La mattina come sempre, salutava la sua mamma giulivo, saliva sulla slitta e la fedele renna sapeva già dove condurlo, la scuola lo attendeva. Attraversava i villaggi e Boris si beava di quei magnifici paesaggi che sfilavano davanti ai suoi occhi come splendidi quadri. Arrivati a destinazione la renna rallentava e si accingeva ad aspettarlo fino alla fine delle lezioni. 
Ma quel giorno, sulla via del ritorno, mentre la renna scivolava veloce sulla pista, un latrato terribile spezzò l'aria. Boris si voltò di scatto e vide che la slitta era inseguita e tallonata da tre famelici lupi. Erano minacciosi, avevano la bava alla bocca e la loro intenzione era attaccare la renna, non c'erano dubbi.
La renna sentendosi minacciata non riusciva a controllare la sua corsa, Boris cominciava ad avere paura. La slitta tremava e sobbalzava sul punto di rovesciarsi. Chi mai poteva salvarli dai lupi?
Sarebbero finiti sbranati da quelle belve, se l'orsa bianca e i suoi cuccioli non fossero provvidenzialmente apparsi sul cammino.
L'orsa con le sue zampe poderose si avventò con furia selvaggia sul branco di lupi, anche gli orsetti nel loro piccolo si fecero minacciosi e raddoppiarono le loro energie per aver la ragione su quelle fameliche belve.
Dopo una furiosa lotta, gli orsi riuscirono a mettere in fuga i lupi che fuggirono atterriti e feriti, lamentandosi, lanciando guaiti strazianti e tingendo di rosso sangue la neve candida.
La renna proseguì la sua folle corsa e rallentò e si fermò solo una volta arrivata al sicuro a casa.
Boris scese dalla slitta stremato, stanco, distrutto, ancora tremante ed impaurito. La renna ansimava violentemente.
Il padre uscì correndo dall'igloo al sentire la fretta con la quale era arrivato il figlio e Boris spiegò lui cosa era successo, di come era stato attaccato dai lupi e di come gli orsi lo avevano difeso.
- Tutti noi siamo in pericolo adesso. I lupi attaccheranno di nuovo. Sono ancora più inferociti, feriti ed affamati. Vagheranno alla ricerca di cibo.
Il babbo chiamò a sè gli altri membri del villaggio e spiegò loro il pericolo che li sovrastava. Discussero a lungo sul da farsi e decisero di andare alla ricerca dei lupi. Armati di fucile, cominciarono a battere la pista seguendo le tracce di sangue, frugando e cercando in ogni parte. Guidati dai lamenti che sentirono in lontananza, si avvicinarono cauti ad un dirupo e scoprirono in mezzo agli ultimi ghiacci i corpi dei tre lupi, accovacciati nel loro dolore, leccandosi le ferite mortali. Il corpo inanimato di uno di loro era ormai uno straccio cencioso abbandonato in disparte, un altro all'estremo delle forze lanciò l'ultimo ululato agghiacciante prima di spirare stremato. Il terzo lupo aggrappandosi alle ultime forze, cercò di difendersi, ma bastò un colpo preciso di fucile per accasciarsi per sempre.
Il loro destino era compiuto, gli uomini ritornarono mesti e silenziosi alle loro abitazioni. Non avrebbero voluto dover intervenire così  violentemente.
Boris da quel giorno si rese conto come il destino può essere crudele e quanto può essere difficile la realtà naturale.
Gli orsi avevano salvato la sua vita ma avevano distrutto quella dei lupi. La sopravvivenza a volte si impone crudelmente.

Milano 1976

Nonna Mariuccia

2 commenti:

  1. Molto bello questo racconto. Brava nonna Mariuccia

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    1. Grazie Anna Maria, una storiella con morale adatta ai più piccoli, ma poi... bambini tutti!

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