Ci sono amori, che non tradiscono anzi ricambiano il nostro, crescendo e rinnovandosi ad un minimo gesto che vien fatto; il ritorno ai luoghi dell'infanzia e della spensierata gioventù. Ci sono luoghi, profumi speciali che la terra lancia che meritano mille versi, sia pur semplici, ma pur sempre dettati dal cuore. Nella vita di ogni essere umano esiste la "terra delle pajare", che pur non essendo tale lo è nell'animo di ogni creatura che nei momenti di difficoltà, come un bimbo che corre per rifugiarsi tra le braccia della propria madre, ritorna lieto alla propria terra.
Del caratteristico paesaggio salentino, maestose sono le costruzioni trulliformi, testimonianza significativa di quando la nostra campagna pullulava di contadini operosi.
Sono stati utilizzati come ripari temporanei o giornalieri da tali contadini che, con molti sacrifici, hanno strappato alla terra avara il necessario per vivere insieme alle loro famiglie; pertanto queste costruzioni sono le più sacre testimonianze della civiltà contadina.
Le paiare si presentano a forma piramidale o quadrata, a forma tronco-conica o tronco-piramidale, singoli o a coppia, isolati al centro delle unità particellari o sistemati sui confini per non togliere spazio alle colture.
Si tratta di un fenomeno di permanenza culturale forse unico nella nostra regione e di una tecnica costruttiva che, dalla sua comparsa in epoche antichissime ad oggi, si è tramandata di padre in figlio senza risentire del fascino degli stili.
Tecnica costruttiva delle Paiare
La tecnica architettonica mediante la quale i Trulli salentini sono costruiti, è la derivazione del sistema del triangolo di scarico, così come la cupola e la volte a botte sono derivate dall’arco a tutto sesto.
Pertanto, il sistema architettonico, che può sembrare apparentemente complesso, è in realtà elementare.
Il procedimento costruttivo presenta poche varianti; anzitutto bisogna precisare che come attrezzo si usava solo un martello di forma particolare, avente una duplice funzione: da un lato esso serviva per assestare le pietre e dall'altro a smussarle leggermente. Pietre queste, mai cementate (trattasi di costruzioni interamente a secco) e, generalmente, non squadrate (a causa del tipo di roccia calcarea difficile a tagliarsi in forme regolari)
Sezioni orizzontali di pajare
(a) - tronco conico
(b) - tronco piramidale
Scelto il sito, il contadino o il costruttore esperto, che percepiva un compenso giornaliero superiore a quello dei contadini, disegna la planimetria del riparo direttamente sul terreno. Se la roccia è affiorante, si spiana opportunamente per creare il piano di appoggio ed il pavimento; altrimenti si toglie lo strato di terra che ricopre il banco calcareo e si cominciano a costruire i muri perimetrali che vengono tirati in altezza verticalmente fino a circa 1,5 o 2 metri.
Tra il muro interno e quello esterno si lascia un’intercapedine (“muraja”), la cui ampiezza varia a seconda della grandezza del riparo (generalmente di un paio di metri); questa viene colmata con pietrame più piccolo frammisto a terra.
Gli edifici più grandi raggiungono altezze di circa 14 metri e muraje di 6 metri. All'altezza prestabilita il muro verticale viene spianato e i successivi strati di pietra vengono disposti leggermente inclinati verso l’interno (per il muro esterno), e sporgenti in falso (per il muro interno). Le pietre di un medesimo strato, che si contrastano lateralmente costituendo un sistema anulare pressoché rigido, pur senza armatura e senza malta, si sorreggono tra loro esclusivamente attraverso i contrasti e per la forza di gravità.
I successivi e pertanto sovrastanti anelli sono, come detto, leggermente aggettanti verso l’interno grazie all'utilizzo di pietre più lunghe, avendo così un diametro che si riduce progressivamente, sino a raggiungere la lunghezza di circa 30-40 cm.
A questo punto viene posta una grande lastra (“chiànca”), in funzione di chiave dell’intera struttura ed a copertura dell’apertura.
Giuliana
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