martedì 13 febbraio 2018

UN AMORE SVUOTATO di Maurizio Castellani


Il seguente racconto mi è stato donato direttamente dall'autore accompagnato da queste parole:


L'editore aveva richiesto al Gruppo Scrittori Fiorentino, di cui io faccio parte, di comporre una antologia di racconti sull'amore visto dagli uomini. Il tutto doveva essere in chiave ironica. Credo di esserci....... riuscito. 
Quando lo hanno letto mi hanno posto la domanda: Ma lo mandi all'editore o lo mandi alla Mondadori?

Buona lettura.
Abbracci
Maurizio


Pubblicato da PORTO SEGURO EDITORE


Che occasione più adeguata pubblicarlo alla vigilia di S.Valentino? 



"N-O” furono le due lettere dell’alfabeto che uscirono dalle labbra di lui. Due lettere cosi vicine tra loro che trovi quasi innaturale che rappresentino quell'avverbio olofrastico di negazione, utilizzato sin dalla nascita come parola sostitutiva di un’espressione di concetti più vasti e complessi.
Lei invece aspettava quella risposta con timore e ansia, due sentimenti sapientemente nascosti da un sorriso celestiale e da due occhi da cerbiatto che avrebbero intenerito anche il più feroce dei cacciatori.
Quel “No” quella negazione le aveva dato la possibilità di iniziare una nuova vita, e istintivamente lo aveva baciato dolcemente sulle labbra. Poi avvicinandosi al suo orecchio, gli aveva sussurrato “…per me un caffè alto con un goccio di latte, vado un attimo nel bagno e… spero di ritrovarti al tavolino“. Lo baciò nuovamente, questa volta sulla guancia sinistra, e si allontanò da lui con una felicità ancheggiante.

«Hai un amore che ti aspetta?»
«No», le aveva risposto lui.
La parola gli era uscita naturalmente dalla bocca, come se fosse stata sempre lì, imprigionata tra le sue corde vocali e in attesa che qualcuno la liberasse. Lei era riuscita a premere quel pulsante di sganciamento che lo aveva portato per una frazione di secondo in un mondo parallelo, in un mondo dove la sua Marta non esisteva. Ma ora, solo a quel tavolino, in attesa che il cameriere si degnasse di prendere l’ordinazione, il pensiero che Marta, la sua dolce e cara compagna, fosse all'oscuro del suo tradimento, gli provocava un disagio che mai aveva provato. Cosa gli avrebbe detto una volta che sarebbe tornato a casa, quando aprendo la porta se la sarebbe trovata lì davanti seduta sul divano? Sarebbe riuscito a dirle che tra loro era tutto finito? Che il loro grande amore si era dissolto nel nulla?
Tornò con la mente al primo giorno che la incontrò. Aveva ventuno anni e si era trasferito a Firenze da circa nove mesi. Non aveva mai avuto una vera storia d’amore, sì qualche flirt con la compagna di banco della quinta liceo e con la vicina di casa, ma nulla di più, tanto che si chiedeva spesso se era lui a non andare più di tanto oltre, in attesa del grande amore, o se era il genere femminile a non trovare in lui un’attrazione sufficiente affinché si instaurasse e si concludesse un rapporto completo. Questo pensiero lo aveva accompagnato per tutto il primo anno universitario. Firenze era una città che poteva offrire innumerevoli occasioni e lui, che veniva da un paesino della provincia di Benevento di novecento abitanti, compresi il Parroco e il Maresciallo dei Carabinieri, poteva finalmente dare sfogo al suo amore, poteva trovare la sua anima gemella, l’amore della sua vita. Ma non era stato così, i giorni erano trascorsi uno dopo l’altro, e dopo i giorni i mesi, uno, due, tre… ma le sue relazioni con l’altro sesso si erano fermate a una semplice e superficiale amicizia. Alcune ragazze del suo stesso corso universitario lo avevano invitato più volte nel loro alloggio per studiare insieme, non perché si erano invaghite di lui o comunque per un secondo fine, ma per la sua capacità di sintetizzare velocemente qualsiasi argomento di studio. Lui lo aveva capito sin da subito, tanto da rimanere con loro solo il tempo strettamente necessario.
Quel giorno di ottobre, entrando nel negozio, la vide per la prima volta. Alta un paio di centimetri più di lui, lo fissava con i suoi occhi azzurri mare… le guance le erano diventate rosse e lo stupore nel vederlo la fece restare con la bocca semiaperta. Anche lui rimase colpito dalla sua naturale bellezza, dalla sua pelle color pesca, dal gloss rosa tenue sulle labbra, dalla sua silhouette curvy. Il cuore aveva aumentato il battere e la fronte gli si era imperlata di sudore, così come le mani. Tirò fuori dalla tasca dei pantaloni quel fazzoletto che sua madre, con tanto amore, gli aveva cifrato e se lo passò proprio sulla fronte. Dopo un attimo d’incertezza, se lo rimise in tasca ripiegandolo con cura e timidamente ricambiò il suo sguardo. Lei lo stava ancora osservando. Fu un amore a prima vista, così com'era successo tra sua madre e suo padre.
Quando dopo circa quindici minuti uscirono dal negozio, lui l’aveva presa sottobraccio e insieme avevano attraversato Via dei Rossi svoltando su via Bertani, per poi alla fine raggiungere via Calamandrei. Davanti al portone di casa prese dal cappotto le chiavi e la guardò come a chiederle conferma di quel suo desiderio, di 
quella avidità e bramosia di amore che aveva da quando l’aveva incontrata. Lei, rimanendo strettamente ancorata al suo braccio, gli fece capire che stava provando la sua stessa sensazione. Salirono i gradini due a due ed entrarono nell'appartamento con quell'eccitazione tipica delle persone che per la prima volta vanno a scoprire e a mostrare i loro corpi. Dopo nemmeno dieci minuti erano distesi sul divano privi di ogni indumento. Quel pomeriggio lo passarono interamente a fare all'amore, quando l’amplesso terminava, subentravano le coccole per poi, ricaricati di nuovo delle loro energie, ricominciare da capo. Fu l’inizio di una grande storia d’amore. Ogni domenica a pranzo una rosa rossa, per poi, dopo aver terminato di lavare i piatti, passare tutto il pomeriggio a crogiolarsi sul divano sotto un plaid di lana fatto a mano da sua madre e non sufficientemente largo a coprire entrambi tanto da obbligarli, quasi sempre, a rimanere abbracciati su un fianco. Il lunedì e il venerdì sera Marta lo lasciava tranquillo sulla poltrona a godersi tutti i programmi televisivi sportivi davanti a una pizza ai quattro formaggi. A sua volta lui, contraccambiando questo accordo tacito, il martedì e il sabato acquistava su Sky quei film sentimentali e strappalacrime per piangere ed
emozionarsi insieme a lei. Tutte le mattine, prima di andare all'Università lui la accarezzava sulla testa, e avvicinandosi al suo orecchio le sussurrava: “…a stasera amore mio”, poi la baciava appassionatamente lanciandole una pacca sul sedere. Era passato il primo mese esatto da quando si erano conosciuti e amati e lui, desideroso di scoprire i segreti dell’arte amatoria, proprio quella sera entrò nell'appartamento con il trattato del Kamasutra sottobraccio. Sotto lo sguardo vigile di Marta, si era seduto accanto a lei sul divano e con pazienza e tanto amore le aveva spiegato che le indicazioni contenute nel testo, benché talora potessero apparire oscene, in realtà rappresentavano semplicemente il mezzo per raggiungere uno dei fini dell’esistenza, ovvero l’appagamento totale dei sensi. Lei lo ascoltò con attenzione per tutto il tempo, poi quando terminò si concesse a lui nella “posizione della bilancia”. Dopo quella sera, decisero di dedicarsi allo studio del testo e all'applicazione delle sue indicazioni almeno una volta a settimana.
Da allora erano passati circa sei mesi e nulla era cambiato, o quanto meno per lei, che amorevolmente lo aspettava ogni sera con la stessa emozione del primo giorno. Lui invece aveva iniziato a sentire la mancanza di un rapporto più vero, più vivace. Non che non la amasse, anzi, a dire il vero, la loro attività sessuale nel tempo era aumentata, Marta lo assecondava in tutto, le andava bene ogni sua decisione, soddisfaceva ogni suo capriccio, tanto che ultimamente si era chiesto se il suo fosse veramente amore o solo avidità nel possederla, priva di qualsiasi condivisione, priva di quell'elemento fondamentale in un rapporto di coppia che è il “dare”.
Come si sarebbe giustificato dopo averle detto che nella sua vita c’era un altra? Sei mesi d’intenso amore, sei mesi di passione cancellati improvvisamente come il gesso sulla lavagna.
Il disagio era aumentato, il senso di colpa era esploso alla bocca del suo stomaco e un susseguirsi d’immagini gli erano passarono davanti agli occhi:

Marta seduta di fronte a lui… la tavola illuminata da due candele a cera color argento… i piatti di porcellana bianchi;
Marta sdraiata sul divano con le braccia protese verso di lui… pronta ad accoglierlo e a soddisfare il suo bisogno d’amore;
il bacio della buonanotte;
lui che nella doccia gli insaponava la schiena;
nel letto, sotto le coperte abbracciati l’uno all'altro;
la gioia di incontrarsi di nuovo dopo le vacanze natalizie passate nel beneventano dai genitori;
le prime 6 posizioni del Kamasutra… ;

E lei come l’avrebbe presa? Avrebbe provato angoscia e tormento o sarebbe sopraggiunta la rabbia, manifestandogli tutta la violenza del suo cuore spezzato?
Sarebbe riuscita nel tempo ad aprirsi a nuove esperienze e a iniziare a costruirsi una nuova vita, oppure lo avrebbe pazientemente aspettato sperando di far tornare ciò che era? Tutte queste domande, a cui non sapeva dare una risposta, gli tormentavano l’anima, eppure sentiva dentro di sé la necessità di cambiare, di sentirsi vivo, di provare nuove emozioni.
Era certo che la nuova relazione lo avrebbe reso più forte, più sicuro, gli avrebbe rinnovato il cuore. 
Certamente la cara e dolce Marta in quei sei mesi lo aveva guidato e aiutato a superare tutte le sue difficoltà nel relazionarsi con l’altro sesso: la sua timidezza, la vergogna di farsi vedere nudo, il suo blocco prestazionale, l’eccessiva foga nell'amplesso, tutte problematiche che ora non aveva più. Sì! Tutto questo lo
doveva a Marta, a quella donna che stava per essere ripagata da lui con un addio.

Quando la donna con felicità ancheggiante tornò, il cameriere non si era ancora avvicinato al tavolino e questo lo aiutò a giustificare la sua espressione depressa.

«Ti ho lasciato tutto felice circa tre minuti fa, e ti ritrovo triste e abbattuto, devo per caso preoccuparmi?».
«No. Tutto bene e non devi assolutamente preoccuparti, io ci sono, semmai è il cameriere che non c’è!».
«Se è per questo, la cosa è molto semplice, prendiamo e andiamo in un altro posto».
«Invece ti faccio un'altra proposta se sei d’accordo? Dato che sono le 18:30, e che entro le 19 devo andare in lavanderia a ritirare i vestiti, se no la trovo chiusa e domani non saprei cosa mettermi, perché non ci vediamo a cena a casa mia… diciamo intorno alle 20:30? Così, ritiro i panni e ordino due pizze, apparecchio e ti aspetto. A proposito a che gusto la vuoi?» 
Gli occhi di lei s’illuminarono nuovamente e dopo averlo baciato a lungo, guardandolo amorevolmente gli rispose:
«Alla “Quattro stagioni” senza origano. Inviami tramite whatsapp il tuo indirizzo di casa. Nell'attesa vorrà dire che mi fermerò al negozio qui all'angolo, ho visto un completino intimo che mi piace moltissimo… spero che stasera sia anche di tuo gradimento». Lo baciò nuovamente e si allontanò con una felicità ancora più ancheggiante.

Ormai conosceva a memoria il percorso dell’autobus N 23. Ventuno minuti e nove fermate, era la distanza che lo separava da quell'ultimo incontro con Marta. In piedi, ondeggiando a ogni brusca frenata o accelerata che il simpatico autista compiva quasi a godere della cosa, stava pensando a quello che sarebbe successo da lì a poco. Se ne sarebbe pentito? Forse sì! Magari non sul subito, i primi tempi c’è sempre la bramosia del conoscersi, la voglia di scoprire e capire i caratteri di entrambi, le rispettive abitudini e manie, il desiderio e il piacere di tastare, di baciare, di conoscere ogni parte più intima del corpo dell’altro. Magari sarebbe andato tutto bene, e in tal caso il pentimento sarebbe forse venuto fuori solo dopo qualche anno, quando il desiderio in via naturale sarebbe scemato, quando la fase del cieco e travolgente innamoramento sarebbe terminata non trasformandosi in quello stadio superiore che è l’amore. Oppure non sarebbe mai venuto fuori, e il tempo avrebbe allontanato il ricordo di quei sei mesi, come l’ultimo vento autunnale che facendo cadere le foglie oramai prive di vita, ti porta a conoscenza che sei entrato in una nuova stagione.
Avrebbe voluto avere più tempo per dirle quello che aveva provato per lei in tutto quel tempo, e quello che stava provando in quel momento verso quella donna che aveva conosciuto per caso poco prima. Un colpo di fulmine, il secondo in sei mesi, come successe a suo padre. L’unica differenza era che lui non l’avrebbe lasciata in stato interessante, ed era sicuramente per questo motivo che Marta l’avrebbe capito lasciando il suo posto all'altra. Non come successe a sua madre che in tutti quegli anni, permeata dalla solitudine, continuava a maledire giornalmente la concubina che se lo era portato via. Sì! Sicuramente lo avrebbe capito, come del resto aveva sempre fatto in tutti quei mesi. Lo avrebbe ascoltato in silenzio e alla fine avrebbe accettato e avrebbe compreso il suo nuovo sentimento.

Quando scese dall'autobus, certo e sicuro della comprensione della cara Marta, il tormento si era trasformato in desiderio. La voglia di possederla, di amarla per un’ultima volta stava crescendo in lui.
Amarla e abbandonarla nello stesso tempo lo eccitava passo dopo passo. Giunto al portone di casa, una sorta di vertigine s’impadronì di lui all'idea di considerare l’amore e la morte come un unico atto.
L’amplesso che terminava con l’ultimo respiro di lei era una cosa che non aveva mai provato.

Quando aprì la porta dell’appartamento la trovò a sedere sullo sgabello accanto alla penisola della cucina, con le braccia appoggiate sul tavolo e lo sguardo rivolto verso di lui, così come l’aveva lasciata quella mattina prima di baciarla.
La prese per mano e insieme raggiunsero il divano, con delicatezza la sdraiò supina e si spogliò lentamente “…ultimo atto…”. L’amplesso questa volta fu molto più breve del solito, solo dopo appena tre minuti aveva raggiunto già l’apice del piacere, e nei tre secondi antecedenti all'atto aveva passato il braccio destro dietro lo zona lombare di lei e le aveva svitato il tappo,“…l’ultimo respiro prima di morire”. Poi attese che il corpo di lei ritornasse a essere quello di quando per la prima volta l’aveva presa tra le sue mani e con amore, seduto sul divano, aveva immesso in lei il suo fiato per animarla. Infine l’arrotolò su se stessa, la innalzò sopra la sua testa quasi a osannarla, e la appoggiò nell'ultimo ripiano dell’armadio della camera, quella camera in cui si erano più volte amati.

Le lacrime incominciarono a rigargli il viso…

Maurizio Castellani

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