mercoledì 25 novembre 2020

Giornata Internazionale contro la violenza sulle Donne - Racconto: CRYING AT THE DISCOTEQUE by Denny

Per la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, vi propongo un mio racconto di fantasia. Per riflettere...


CRYING AT THE DISCOTEQUE


La discoteca è piena di giovani colorati, belli e allegri. 

La musica sincopata sovrasta tutto. 

Il fumo di borotalco camuffa quello di fumo che c’è, anche se non dovrebbe.

Nella penombra generale intervallata da flash colorati: risate, bicchieri, selfie, sudore e caldo la fanno da padrone.

Un po’ defilata nella zona divanetti Aurora si è seduta. È sudata e le scarpe col tacco le fanno male dopo aver ballato parecchio e ha un leggero mal di testa.

Da un’occhiata al display del cellulare. Sono le 01:59. Aspetta qualche secondo che scatti l’ora piena e mette via il telefonino.

Accanto a lei arrivano due ragazze un po’ più giovani. Avranno vent’anni. Una le manda un sorriso di circostanza che vuole essere un “scusa il disturbo” prima di farle sedere accanto l’amica che, adesso è chiaro, è ubriaca fradicia. La sente pronunciare parole sconnesse e arrabbiarsi per qualcosa che l’amica le impedisce di fare. 

La ragazza sobria si chiama Nadia. Aurora lo sa perché la ragazza sbronza lo dice spesso accompagnato a volte da un insulto.

Dopo non molto arriva un giovanotto, un ragazzo che è e si crede un gran figo: alto bello, strafottente. Si avvicina alle ragazze. Evidentemente si conoscono. Si siede sul divanetto accanto alla ragazza ubriaca e la bacia appassionatamente. L’altra in piedi lo guarda torvo. Il giovane prende la sua conquista per un braccio, la solleva e fa per portarla con sé. Nadia si oppone fermamente! Gli si para davanti, gli strappa l’amica da sotto braccio, la rimette seduta e dice chiaramente al bellimbusto che non porta nessuno da nessuna parte. La ragazza sbronza, di cui ora anche Aurora conosce il nome, Claudia, manifesta chiaramente la volontà di seguire il ragazzo; più e più volte, con modi gentili e non, ma la giovane in piedi è risoluta e continua a ripetere, a lui e a lei, gli stessi concetti:

“Domani! Quando sarai sobria andrai con lui dove vuoi. Da ubriaca non vai con nessuno!”

“Non mi interessa! Non sai quello che fai!”

“Domani, adesso no!”

I toni sono alti.

È un tira e molla determinato da entrambe le parti a cui Aurora assiste da pochi centimetri di distanza dal basso del divanetto morbido.

Aurora non vuole apparire impicciona ma segue attentamente la discussione e attraverso lo specchio sul muro laterale non toglie gli occhi di dosso dal viso determinato di Nadia, che fronteggia il giovanotto che cerca in ogni modo di convincerla che Claudia desidera fare una passeggiata con lui fuori nel parcheggio. “Quando sarà sobria!”, “Non da ubriaca!”. Non spreca tante parole per dirgli no e più volte è costretta a intervenire, con la forza, per fermare l’amica che cerca goffamente di sgusciare verso il fusto.

Alla fine con una brutta parolaccia il tipo desiste e lascia le due ragazze da sole che quindi le si siedono accanto.

La ragazza sobria parla all’amica. Aurora non sente cosa dice perché parla nell’orecchio ma basta pochissimo e la giovane ubriaca si calma, si rilassa e vinta dai fumi dell’alcool chiude gli occhi.

A questo punto Nadia manda un messaggio con il cellulare e poi con la testa dell’amica sulla spalla si rilassa anch’essa e aspetta.


E così in quella discoteca piena di gente, confusione e rumore Aurora ricorda quel che ha voluto sempre e solo dimenticare. Anche se fa caldo, sente i brividi e ripiomba a quattro anni prima, a quella vacanza post maturità che le sue compagne di viaggio tutt’oggi definiscono mitica.


Mitica lo è stata, ma solo fino all’ultima sera.


Quella sera di agosto Aurora aveva bevuto parecchio ed era ubriaca fradicia.

Come la ragazza che dorme accostata a lei, era invaghita di un figo che l’ultima sera l’aveva coperta di attenzioni. Alla fine l’aveva portata in spiaggia di notte.

Ricorda poco niente di cosa e come è successo. Sono solo frammenti. Ricorda la sabbia fresca sotto i piedi scalzi, il fiato di lui sulla nuca, il bruciore in mezzo alle cosce e poi il sorriso compiaciuto di lui. Ricorda che poi l’ha riportata dalle sue amiche anch’esse molto alticce che ridevano.

Quelle stesse amiche che quando insieme ricordano quel viaggio, ancora le dicono, ridendo e ammiccando: “Te la sei spassata con quel gran figo sulla spiaggia quella sera, eh?”

Aurora ci ha messo anni ad ammettere a se stessa che quello è stato uno stupro, ma ancora non riesce a non pensare di esserne responsabile. Ed è anche fermamente convinta che lui non abbia mai, mai, dubitato della legittimità del suo comportamento, che non abbia mai, mai, avuto il benché minimo dubbio che lei non lo volesse.

Di lui, che vive in un'altra città, non è rimasto nulla, se non un banale e freddo contatto via social, e di questa squallida esperienza disgusto per se stessa e per la tequila e una sottile ma tenace diffidenza e sfiducia costante.

Non ne ha mai parlato con nessuno di quella maledetta sera sulla spiaggia. È qualcosa di doloroso e sgradevole che tiene solo per se.

Non si è mai più ubriaca da allora!

Ma questi sono ricordi e pensieri dolorosi che vuole ricacciare al loro posto in fondo all’anima, così cerca di pensare ad altro, di uscire dal suo intimo.


Pensa alle ragazze che le siedono accanto: Nadia e Claudia. 

Sa che Nadia vuol dire speranza e Claudia invece deriva da claudicante, zoppicante e volendo per estensione che inciampa. Pensa che siano due significati perfetti per le due giovani e la situazione che stanno vivendo. 

Invece Aurora, il suo di nome, significa “splendente, luminosa” e sua madre lo ha scelto pensando a “la bella addormentata nel bosco”. Un nome da principessa! Lei però non si sente privilegiata e speciale, anzi.


All’improvviso la ragazza sobria si desta dal torpore per rispondere al cellulare. Poche parole.

Dopo qualche minuto arriva un ragazzo più giovane; sembra appena maggiorenne. 

Aurora sente qualche frammento di frase: “Mi devi il prezzo dell’ingresso” dice lui senza astio. Si china per prendere in braccio la ragazza addormentata e nel farlo manda ad Aurora uno sguardo e le dice “Scusami”.

Claudia riapre gli occhi e lo saluta affettuosamente biascicando.

“Per fortuna devo portare lei che è piccolina e magra e non te” sente che dice ridendo con una bella voce profonda.

Nadia lo guarda storto per un attimo mentre drappeggia il suo golfino sulle gambe e al sedere dell’amica per evitare che la minigonna lasci vedere tutto durante il passaggio tra la folla verso l’uscita.

Aurora deduce senza ombra di dubbio, dal loro atteggiamento, che sono fratello e sorella.

Nadia le viene ancora accanto per prendere le due borsette lasciate sul divanetto, le sorride e poi segue il fratello.

Aurora, ancora sprofondata nel basso divanetto, segue con lo sguardo il giovane magro e alto con il suo semincosciente fardello fendere la folla, e poi anche la testa castana della ragazza che non conosce ma che stima profondamente, fino a che entrambi non spariscono completamente inghiottiti dalla folla.


“Perché io non avevo un’amica come lei?”. 

Non riesce a pensare ad altro. 

“Perché io non avevo accanto un’amica come lei?”, “Perché io non ho un’amica come lei?” si continua a chiedere nel buio psichedelico, e nessuno di accorge delle lacrime che scendono sulle sue gote truccate.




Denny

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