mercoledì 19 dicembre 2018

Lenor UnStoppables - UNA COCCOLA PROFUMATA

In queste ultime settimane ho potuto testare le perle ultra profumate di Lenor UNstoppables e non posso che essere assolutamente soddisfatta del risultato ottenuto.

Ma non lo dico solo io. Amici e parenti con cui ho condiviso il prodotto, si sono letteralmente innamorati di Lenor UNstoppables.

Chi di noi non ama il profumo dei vestiti appena lavati? Quel profumo che sa di fresco, di casa e di pulito. Quel profumo che vorremmo non abbandonasse mai i nostri capi, ma che purtroppo svanisce irrimediabilmente dopo pochi giorni.

Se anche tu sei una di quelle che proprio non vorrebbe mai fare a meno di quel profumo devi assolutamente provare la novità di Lenor UNstoppables!

Cos'è Lenor UNstoppables?

Sono delle innovative perle di profumo non-stop per il bucato che penetrano in profondità nei tessuti per far durare la fragranza più a lungo! Il profumo permane anche quando i capi vengono stirati e riposti nell'armadio ed è adatto a ogni tipo di lavaggio, tessuto e colore. Il profumo persiste per almeno 12 settimane sulla biancheria riposta negli armadi!

Ogni profumazione di Lenor UNstoppables è stata creata per essere sempre usata in abbinamento al proprio ammorbidente Lenor preferito. Un lavoro di squadra perfetto per donare freschezza, protezione e un profumo insuperabile al bucato.

Il nuovo Lenor UNstoppables è disponibile in 3 diverse fragranze:
"Fresh" dona vera freschezza a tutti i tuoi capi grazie a un profumo marino arricchito da aromi minerali e profumo di giglio.
"Bliss" unisce le bacche rosse, la ciliegia e il gelsomino bianco per una profumazione esotica.
"Lavish" è una fragranza delicata e raffinata, resa possibile dall'unione di pesca e rose rosse.

Ma le perle profumate comunque, possono essere utilizzate anche in altri modi! Riempite dei sacchettini di tela e riponeteli nei cassetti o distribuiteli per la casa, sentirete che profumo sprigionano e che fantastico ambientatore saranno! Oppure se come me NON siete fumatori e quindi NON usate il posacenere, riempitelo con alcune perle, la vostra automobile si trasformerà in un vero bouquet primaverile.

Qual'è la vostra fragranza preferita?
E in quali altri  modi fantasiosi pensate usare le perle profumate?

Clizia

giovedì 6 dicembre 2018

PORTACANDELA CON STECCHI DI GHIACCIOLO

L'estate è finita. 
Gli stecchini dei ghiaccioli e gelati mangiati non li avete buttati, vero? 
Ricicliamoli creando due simpatici portacandela per creare atmosfera nelle serate d'autunno o per il prossimo Natale.
Per sicurezza, è meglio non posizionare mai la candela da sola nel portacandele, ma metterla in un bicchiere o vasetto di vetro affinché la fiamma sia separata dal legno. 
Quel che serve per fare questo lavoretto è:
- stecchi di legno;
- colla a caldo;
- decorazioni di recupero (perline, conchiglie, sassolini, bottoni, paillets, fiocchetti, etc.);
- pittura acrilica (opzionale);
...e un po' di fantasia.

REALIZZAZIONE: prima di tutto formare una base quadrata allineando 10 legnetti e incrociandone sopra altri 10, incollandoli con la colla a caldo. A partire da questa solida base incollare gli stecchi formando le 4 pareti. Continuate in verticale fino all'altezza desiderata. 
Decorate il portacandele con gli oggetti, laccetti o dipingendolo con colori acrilici se lo desiderate.

Questa semplice realizzazione  può essere utilizzata anche come portavasetti per fiori e piccole piantine.


THINK GREEN!


Denny

lunedì 26 novembre 2018

IL CASO SBAGLIATO - DAVIDE PAPPALARDO

Qualcuno mi aveva ordinato di seguirla. E di non parlarle. Non subito almeno. Chi era quella ragazza e perché dovevo starle alle calcagna con la bocca cucita? Non lo sapevo. Il mio unico obbligo, per il momento, era di correrle dietro come un mastino con le corde vocali recise.
Bell’affare. In quei giorni non avevo mica tempo da perdere in capricci e misteri insondabili. Dovevo, non necessariamente nell’ordine, procacciarmi clienti, scucire soldi per le bollette e scappare a gambe levate davanti ai creditori. Per quest’ultima ragione spesso e volentieri dormivo della grossa. Mi rimpinzavo di energie che poi bruciavo coi miei scatti da centometrista per evitare gli accattoni a cui dovevo denaro. Ce n’erano parecchi da cui stare alla larga: il lattaio del vicolo in cui avevo messo su la mia stamberga, la signora Mary, così gentile quando pagavo la pigione e così pronta ad adombrarsi quando questuavo un piccolo posticipo e John, quello che mi spaventava di più, l’enorme macellaio dal grembiule unto di macchie rosse. Temevo che quegli ornamenti non fossero dovuti solo al sangue di quarti di bue, polli, conigli e compagnia bella
Ma vuoi o non vuoi, in quei tempi grami per le mie tasche affamate di pecunia, ero in qualche modo inorgoglito. Mi aggiravo a testa alta tra le strade del quartiere che va dall'acciaieria al cimitero di Saint Rose, sfoderando il mio sfavillante sorriso, momentaneamente a trentuno denti. Qualche frammento di incisivo l’avevo sputacchiato nel cesso di uno dei migliori ristoranti della zona, il Lady Ruth, una stanzaccia che puzzava di whisky, segatura e latrina da un miglio di distanza. Tanto lurida che la schifavano pure i frequentatori delle mense dell’esercito della salvezza. Un tizio che chiamavano Il Lettone non aveva gradito le mie critiche al terzino della squadra di calcio locale: troppo leggerino, non teneva bene la difesa, impacciato nei movimenti. Ebbi persino l’ardire di definire di legno le gambe del beniamino. Il Lettone, tifoso sfegatato della squadra, pur riconoscendo la validità di qualche mia lagna, dopo un vivace e articolato dibattito, aveva confutato le mie tesi con argomentazioni perentorie. Non so come era riuscito in un sol colpo a mandare in aria pezzettini di incisivo e a far quasi capitolare i miei canini. Non erano saltati via, ma da quel giorno li avrei avuti leggermente storti. L’incisivo mi era stato poi risistemato da un dottorino alle prime armi con un’otturazione alla buona. 
Comunque sia mi aggiravo per le strade del quartiere come un’adescatrice dei bassi elargendo ammiccamenti a destra e a manca. I miei occhi castani, nascosti dagli occhiali alla John Lennon, erano pronti a scrutare potenziali clienti. E anche a cogliere tra la folla i miserabili che pensavano di rivalersi su di me frugando le mie tasche. In saccoccia, purtroppo per loro, solo cicche di sigarette e qualche briciola di pane raffermo. Ma io dispensavo lo stesso sorrisi a dame e signori. Un politicante in campagna elettorale. Presto detto il motivo del mio orgoglio. Qualche giorno prima, con due grossi chiodi arrugginiti che sembravano presi in prestito dalla croce del Calvario, avevo fissato una targhetta di legno alla parete del tugurio affittato dalla signora Mary. Sull'insegna la scritta: Björn Ungaretti. Agenzia Investigativa. Dietro la montatura dorata mi luccicavano gli occhi. Anche se più in là della targhetta non c’era altro che una stanza con le pareti ricoperte di macchie di muffa, un divano che significava cambiali, e polvere, soprattutto tanta polvere, mi sembrava di aver inaugurato l’Agenzia Pinkerton. 
E poi sì, qualche cliente c’era già. Nella zona non mancavano i motivi per rivolgersi a un investigatore privato giovane e a buon mercato: corna, ammanchi sul lavoro, piccole ripicche tra amici. Le solite belle cose che fanno pascolare gli uomini come me nei verdi campi della vita. Roba da brucare la troverai sempre se l’essere umano rimane il meschino che è. E non c’è motivo che cambi. 
Il lavoro cominciava ad arrivare dunque ma qualcuno, il verme, mi aveva chiesto di occuparmi di quella donna. Non si dimentica una così. Mi era entrata in circolo nelle vene già la prima volta che l’avevo adocchiata. Roba da andare in brodo di giuggiole. Snella, un seno che appariva morbido come un cuscino quando non tocchi un letto da tre giorni, labbra leggermente arcuate. Sembrava avesse un docile broncio permanente. Due occhi grandi e neri, accompagnati da un’espressione smarrita, ti facevano venir voglia di proteggerla per tutta l’esistenza terrena e anche oltre. Capelli lunghi fino al collo, castani e lucenti, e davanti una frangetta corta che le dava un’aria giovane. Doveva avere poco più di vent'anni o forse era proprio la frangia a ingannarmi. Di lei conoscevo solo l’aspetto. Per ora quanto bastava per seguirla. 
Poi magari avrei dovuto trovare anche il modo di parlarle.
L’occasione si presentò durante una mia incursione solitaria nel quartiere. Quella sera le strade erano bagnate e rilucevano illuminate dai fanali delle auto di passaggio. Al primo piano di un fabbricato dai mattoni rossi, un tizio fumava una sigaretta. Dietro di lui un giradischi gracchiava un blues. Dall'altra parte della strada la ferrovia. Nel mezzo, sul marciapiedi, io. Avvolto in un impermeabile beige che ricopriva il mio corpo massiccio e immerso nei miei pensieri: i conti, l’appuntamento col barbiere per una sforbiciata ai miei capelli rossi ora troppo lunghi per essere dominati da una parvenza di pettinatura, i tempi in cui con mio fratello Eiran giocavo ai soldati tra la boscaglia dietro casa e il muro di cinta del negozio del signor Mauser. Quasi senza accorgermene, forse per scacciare questi pensieri, diedi un calcio a una lattina di birra. Dovevo esserci andato giù pesante. La mia gamba, memore dei trascorsi da mediano di mischia nel rugby, aveva impresso una bella forza al calcio. La lattina era schizzata in alto verso il tipo del primo piano e poi era scesa lenta per andare a sbatacchiarsi qualche metro più avanti contro un cassonetto della spazzatura. Una figura sottile di donna sussultò a qualche metro da me. Quella donna! Era proprio lei. Quel qualcuno mi aveva raccomandato solo di seguirla e raccogliere informazioni, senza farmi notare. Un accidenti! La splendida si era girata, i capelli si erano mossi rapidi da una parte all'altra e i suoi occhioni neri si erano piantati su di me. Me li ero sentiti addosso. Come tentacoli di un polipo si erano allacciati ai miei. Bofonchiai una scusa abbassando gli occhi e, curvo nell'impermeabile, svoltai l’angolo. 
Mi infilai nel primo bar a disposizione. Ingollai una pinta di birra dopo l’altra. Nel frattempo cercavo di mettere in campo una strategia. Quel qualcuno, il verme che mi aveva commissionato il lavoro, mi aveva raccomandato di stare attento a non farmi vedere le prime volte. Ma mi ero fatto beccare come una comare che ciarla di un segreto nel bel mezzo di un cortile affollato. Cosa sai di lei? Mi chiesi. Dovevo averlo detto ad alta voce. Un uomo sui quaranta che salmodiava non so quali lamenti aveva interrotto il discorso e si era girato verso di me. Il tizio con un pizzetto scuro che gli stava accanto sembrava interessato ai suoi argomenti quanto un cultore di pittura a un match di pugilato. Stavo per chiedere spiegazioni ma l’uomo aveva già ricominciato a sputare parole sui problemi dell’acciaieria e su quello stronzo del suo capoturno. Un giorno o l’altro gli avrebbe immerso la testa in un contenitore per acidi. Il tipo col pizzetto annuiva ciondolando la testa avanti e indietro e ogni tanto dava un’occhiata ai muscoli delle braccia del suo interlocutore che guizzavano svelti. Ripresi a rimuginare. Ecco quanto ne sapevo: giovane, bella, gira da sola per il quartiere come se stesse cercando o aspettando qualcuno. Ero proprio arguto. Notizie che avrebbe potuto raccattare anche un passante orbo preso a caso. Magari anche aggiungendo altre considerazioni, senza dubbio più interessanti delle mie. Il tizio accanto a me continuava a questionare, era tutto un muoversi di braccia, fasci muscolari, terminazioni nervose che saettavano. Il suo interlocutore? Per la pazienza dimostrata meritava di vincere almeno alla lotteria rionale, il massimo che si concedeva era una grattata al pizzetto e un sorso di birra. Il brusio della saletta mi stava disturbando. Non riuscivo a ragionare e quando non ragioni che fai? Bevi o ti accanisci sui ricordi e per non rimestare nei ricordi bevi, ma se bevi i ricordi cattivi riaffiorano e allora devi soffocarli con un’altra pinta e così via. E va a finire che se ti butta bene sei uno straccio dopo un paio d’ore e se va male l’indomani mattina ti raccolgono nel vicolo con un cucchiaino insieme ai trucioli della vicina segheria e alle bucce di arachidi del locale. Non avevo intenzione di farmi ammazzare dai ricordi e mi stavo rinfilando l’impermeabile, quando colsi un cambiamento in sala. 
Si era fatto silenzio. O meglio il brusio era diminuito parecchio. Sbirciai i due tizi accanto a me al bancone. L’operaio che voleva superare le incomprensioni col capoturno con metodi extra sindacali ciancicava adesso qualcosa al tipo col pizzetto. Entrambi guardavano verso l’ingresso. Anche altri avevano lo sguardo diretto all'entrata e non stavano certo ammirando l’attaccapanni in legno massiccio che, perdiana, non era mica male. Ne avrei avuto certo bisogno per l’agenzia ma non poteva essere quello l’oggetto delle attenzioni di tutta quella gente. Non aveva mica le fattezze della ragazza che era appena entrata. Lei. Si era guardata intorno sgranando gli occhi. Il suo sguardo smarrito aveva pestato il piede sull'acceleratore del mio ritmo cardiaco. Gli avventori del bar, in gran parte maschi della classe operaia del quartiere, dopo qualche attimo di incanto erano tornati a poggiare le labbra sui boccali e a parlare di calcio, politica e di turni e capiturno. Solo io ero rimasto ancora a bocca aperta, a cercare di sondare il mistero di quella donna. Scelse un tavolo rotondo, nero e per due, a pochi passi da me. Sembrava non avermi visto. Mi asciugai il muso per cercare di darmi contegno. Mia madre, poverina, aveva avuto i suoi bei problemi ad allevare due cuccioli in questo quartiere, dove se sei gentile quantomeno vieni bollato come finocchio e se non sai difenderti alla prima occasione torni a casa con un occhio pesto, alla seconda scatta il pronto soccorso e non arrivi alla terza perché hai già cambiato zona. Ma non aveva dimenticato di insegnarmi le buone maniere, mia mamma. La ragazza mi avrebbe di certo scorto e quindi avrei dovuto avere un’aria rispettabile. Quel qualcuno, responsabile di tutta la vicenda, mi aveva però detto di non avvicinarmi le prime volte. Sarebbe stato pericoloso. Perché? Quali minacce potevano arrivare da una giovane fanciulla dall'aspetto così delicato? Forse quel qualcuno mentiva, era un sabotatore, mi stava conducendo fuori strada per chissà quali motivi. La ragazza aveva un rossetto tenue sulle labbra e quel broncio non aveva nulla di quei bronci sensuali e impertinenti che hanno certe donne. Le dava anzi un tocco di dolcezza che avrebbe sciolto financo il mio vicino di bancone che instancabile adesso declinava i vari metodi per far fuori il suo capoturno. Investirlo con la macchina nello stradone alberato nei pressi della segheria, avvelenare il caffè, assoldare un disperato che per una dose è disposto a far fuori anche l’intera fabbrica, figurati un uomo soltanto. Sapevo che il tipo dai muscoli guizzanti non avrebbe mai fatto un cazzo. Li conosco quei tipi. A parte parlare, parlare e parlare, non fanno nulla. Il tizio si stava solo sfogando con un amico delle nefandezze di un altro fesso. Soverchierie di un disgraziato peggio di lui che conduceva una vita infame. E si rivaleva sul mondo con quel poco di squallido potere destinatogli in questa terra. Me lo immaginavo il suo kapò, chiuso in casa a guardare uno sceneggiato in TV, a languire con cibo precotto, birra economica e vino in cartone, fra quattro mura fredde. Ma l’indomani glielo avrebbe fatto vedere lui al mondo, li avrebbe strigliati per bene i suoi ragazzi e poi la sera sarebbe tornato solo di nuovo nel suo buco di culo di stanza. Quasi mi veniva voglia di ridere a sentire così tante stronzate. E forse lo feci. O almeno sorrisi. Perché, meraviglia delle meraviglie, alzando gli occhi verso il tavolo della misteriosa fanciulla dagli occhi neri, vidi che anche lei sorrideva. Mi sorrideva. Fu un attimo. In seguito pensai di essermi sbagliato, forse per giustificarmi. Comunque, in quel preciso momento, ebbi l’impressione che quella donna stesse sorridendo a me. Mi si seccò la gola all'istante. Era come se una volpe miope scambiando un riccio per un pollo lo avesse inghiottito, conficcandosi gli aculei nel palato. Mi tornò in mente il consiglio di quel qualcuno che mi aveva commissionato tutto: “Non avere fretta di parlarle, Björn”. Ma ero giovane e i giovani, si sa, devono anche infischiarsene dei moniti e così cominciai a meditare di infrangere la prima regola del mio committente. Ma sì, mi dissi, smuovi il tuo poderoso sedere dallo sgabello e piazzati nel tavolo rotondo. Però aspetta, magari non subito. E’ troppo sfacciato. E poi cosa dirle? Era già tardi. 
Molti degli avventori erano andati via, presto la sveglia avrebbe rotto il sonno senza sogni di parecchi di loro. Un giovane stava già pulendo alcuni tavoli. Mi distrassi a guardarlo perché somigliava a mio fratello, per via delle lentiggini. Manda via questi pensieri, mi dissi e alzati. E così saltai dallo sgabello e dritto e fiero mi diressi verso il tavolo rotondo. Vuoto. “E’ filata via”, mi disse con uno sguardo complice il tipo muscoloso che stazionava ancora al bancone. Il suo amico doveva essere rincasato. E così finii la serata a discutere degli orari di lavoro in fabbrica, del calo della produzione dell’acciaio, degli investimenti nel settore, del governo porco e, ovviamente, del capoturno e di come ammazzarlo. 
Le settimane passavano. Avevo risolto un paio di casi di corna ed ero corso dal macellaio. Dapprima mi aveva guardato torvo ma, quando avevo sganciato un po’ di biglietti sul freddo tavolo di marmo e chiuso i debiti, si era allargato in un sorrisone. Per sferrarmi poi una pacca che doveva somigliare tanto al gancio destro di Rocky Marciano. Io e la mia scapola sinistra ce la saremmo ricordata per il resto dei nostri giorni quella pacca, segno tangibile di una stima duratura. 
Ma restava il caso della donna. Quel qualcuno si era rifatto vivo e mi aveva pure dato del coglione perché non avevo parlato con la ragazza. “Ma come, prima mi dici che devo solo seguirla e che non devo parlarle per nulla al mondo? E poi sono un imbecille di prima categoria per non aver aperto bocca?” Quel qualcuno mi aveva risposto che il sorriso della ragazza aveva cambiato tutto. “Che razza di investigatore e di uomo sei se ti attieni alla lettera alle istruzioni dei tuoi clienti? Te lo dico una volta sola: se vuoi crescere fidati del tuo istinto, ascolta i consigli ma scegli. Non aspettare che qualcosa accada o che capiti per grazia degli altri”. E così, per essere stato obbediente alle regole di ingaggio, mi ero beccato addosso una bidonata di umiliazione. Risolvendo i due casi di tradimento mi ero imbattuto più volte nella ragazza. In un’occasione si era anche girata. Preoccupata.

Poi ero riuscito a cavare qualche informazione dal tipo che aveva voglia di menare il capoturno. La conosceva di vista, abitava tra il droghiere e la ferramenta di Hardy. Mi spiattellò che frequentava il pub Alce bianco. Così ogni maledetta sera facevo una capatina al pub o mi aggiravo nei dintorni leggiucchiando un giornale, fingendo di chiamare dal telefono pubblico, sbocconcellando frittelle al freddo e sventolando la licenza quella volta che le guardie mi chiedevano conto del mio bighellonare. 
Quando capitò ero dietro a un lampione e stavo prendendo appunti sull’ultima grana da risolvere: Olga temeva che il marito Adam la tradisse con una certa Wilma, una rossa tutta pepe, un po’ in carne. Stavo segnando orari e spostamenti di Adam quando la ragazza misteriosa mi passò davanti inebriandomi con un profumo che sapeva di primavera. Seguii con gli occhi la scia di vapore lasciata dal suo corpo mentre tagliava la nebbiolina e si dirigeva verso l’Alce bianco. Posai gli appunti nella tasca interna dell’impermeabile. Promisi a quel qualcuno di mia stretta conoscenza che stavolta avrei risolto la questione. Risoluto entrai nel locale. Davanti mi trovai tre donne in età pensionabile, a sinistra un vecchio sbevazzone con una lunga sciarpa di lana che doveva risalire ai tempi di Matusalemme, a destra guappi di fabbrica. Nessuna traccia di quella donna. Solo calici che si alzavano, pinte di birra sui vassoi, spillatrici in funzione, chiacchiere e risa sguaiate. Guardai di nuovo e la vidi, nel tavolo dietro al vecchio. Sorrideva. Splendida. Gli occhi neri, di ossidiana, le brillavano di una luce nuova. Ed era bellissimo stare dentro quella luce. I capelli soffici sembravano animati da un vento dolce che li carezzava. Tutto emanava un lindore che rendeva più bello a vedersi chi la circondava. Anche il vecchio sbevazzone. La sua sciarpa sporca e infeltrita sembrava adesso una candida stola di visone, la sua barba incolta pareva scolpire il viso di un anziano filosofo, gli occhi opachi, spenti sotto una sottile striscia trasparente, nuotavano in scintille di intelligenza e saggezza. Mi persi in quell'aura di splendore che attorniava la donna e stavo per sedermi accanto a lei quando vidi che non era sola. Sorrideva sì, non a me, ma al giovane bruno che le stava accanto. Nemmeno lo guardai. Seppi che ormai era tempo perso. Feci una retromarcia improvvisa. E andai a sbattere contro il tavolo del vecchio. Non era Seneca né Platone ma pronunciò una sequela di improperi dimostrando di essere un alfiere del suo ramo. 
Tornai in ufficio, deciso a saldare i conti in sospeso. Innanzitutto con quel qualcuno di mia conoscenza. Mi sedetti alla scrivania. Sul tavolo appunti sparsi, qualche foto, un grosso telefono rosso che non squillava mai. Accesi la radio per ascoltare il notiziario, ma la spensi subito, quelle voci mi confondevano. Accavallai le gambe e buttai i piedi sullo scrittoio, presi uno specchio, tolsi dal naso la montatura color oro, guardai dentro al vetro. Non sembravo un angelo, solo un diavolone dai capelli rossicci. Un buono che la vita, i sensi di colpa e le esperienze avrebbero reso via via più duro. Che avevo da chiedere a quel qualcuno? Risi, di quelle risate amare che sembravano più un ghigno da bestia ferita. E allora gli dissi fesso. Fesso, dissi a quel qualcuno che mi aveva bloccato. Ma pronunciai quell’unica parola quasi con compassione, senza usare troppa durezza nei confronti di quel volto che mi guardava intontito dallo specchio. Mi ero imposto di seguire la ragazza, semplicemente perché mi piaceva. Avevo poi solo avuto paura. Sabotato dalle mie incertezze. Avrei imparato la lezione? Mi chiesi, senza penarmi tanto di darmi una risposta.
Poi tolsi gambe e stivali dalla scrivania, spazzai con la mano qualche pietra e un po’ di terra bagnata che era caduta su, rassettai i fogli alla bell’è meglio. Presi una pezza, andai fuori, lustrai per benino l’insegna. Rimasi a guardarla per tre minuti buoni. Björn Ungaretti. Agenzia investigativa. Faceva un certo effetto. Rientrai, mi gettai a peso morto sul divano e dormii per ore e ore. Una pila di fogli mi aspettava sulla scrivania. Appunti su Wilma e Adam.

Davide Pappalardo

venerdì 16 novembre 2018

DAKAR (La prima indagine del Commissario Luschi) - MAURIZIO CASTELLANI

Di Maurizio Castellani vi ho già  caldamente consigliato i suoi 2 romanzi gialli ➡ LA VENTIQUATTRORE (Delitto in albergo) e ➡ VENDEMMIA ROSSO SANGUE (Lo strano caso del morto che parla), in più, in occasione di S.Valentino avevo pubblicato un suo breve racconto ➡ UN AMORE SVUOTATO. Questo vi dimostra quanto apprezzi il suo stile.
Grazie alla prolifera penna di Maurizio ad ottobre è uscito il suo romanzo "Dakar. La prima indagine del Commissario Luschi" che ovviamente mi ha affascinata dalla prima all'ultima pagina.
Insieme al Commissario, ormai in pensione,  Vittorio Luschi,  ammaliata dalla sua eleganza e dal suo charme, ho girato per le strade della Capitale del Senegal alla ricerca di un assassino spietato e sanguinario.
Vittorio Luschi, commissario ormai ritirato decide di trasferirsi a vivere a Dakar. Dopo i primi mesi passati ad ambientarsi alla nuova realtà, il richiamo della sua professione, la voglia di impegnarsi  nuovamente in una vera indagine, lo porta ad immaginare un omocidio del quale, i protagonisti, sono i suoi nuovi vicini di casa. Vuole invece il caso che dalla immaginazione, il commissario Luschi, venga trasportato alla triste realtà di una serie di crudeli omicidi su cui il suo collega e commissario di Dakar, Amadou Diop, si vede costretto ad indagare.
Non manca la componente femminile, Alex, una bellissima e sexy vicina francese e Aicha, una straordinaria e sensibile cuoca senegalese che per un periodo della sua vita ha lavorato in un ristorante in provincia di Brescia, imparando così la nostra lingua e ovviamente la nostra cucina ed eccellente gastronomia.
Un intreccio ben riuscito, una fusione di due realtà geografiche così diverse  e differenti, due mondi in contrapposizione e la unica via possibile che conduce alla verità e a dipanare la matassa fino a smascherare il colpevole.
Il sottotitolo mi spinge a credere e a sperare che questa sia solo la prima avventura di Vittorio Luschi che Maurizio Castellani ci offre e che ben presto ritroveremo il commissario pensionato di nuovo affianco al suo collega senegalese in qualche altra indagine sotto il sole caldo dell'Africa occidentale.

Ma, le notizie non sono concluse e ancora caldo caldo di stampa, solo una decina di giorni fa, è uscita la terza avventura del "club dei detective" capitanato da Marco Vincenti Si si, proprio il nostro ex geometra, divenuto albergatore con la malsana e/o sventurata attrazione per i casi di omicidio ➡ "GATTA CI COVA: Mistero di Natale all'ombra delle terme (Le indagini di Marco Vincenti Vol. 3)". Non posso che essere felice di questa nuova pubblicazione, di ritrovare Marco ed i suoi amici e sono veramente impaziente di immergermi nella nuova avventura di cui pubblicherò la recensione a breve.

Potete trovare tutti i romanzi di Maurizio Castellani su Amazon al seguente link ➡ https://www.amazon.it/Maurizio-Castellani/e/B077B8KK2L/ref=sr_ntt_srch_lnk_1?qid=1542318531&sr=8-1
Alcuni con veste rinnovata, cioè  una splendida nuova copertina.

Buona lettura e buone indagini  in compagnia di Marco e Vittorio.

Kly

Questo articolo partecipa al Venerdì del libro su HomeMadeMamma

Per la  Reading Challenge 2018 di TuttoPerTutti questo libro può rientrare nelle categorie: 01 - 04 06 - 12 - 39 o +1

venerdì 9 novembre 2018

RESTO QUI - MARCO BALZANO

Qualche settimane fa sono andata in biblioteca ad assistere alla presentazione con l'autore del romanzo "Resto qui" uscito a Febbraio per Einaudi.

Non avevo grandissimo interesse per questo romanzo prima. Il fatto che se ne parlasse già tanto e che sia stato finalista dell'ultimo premio Strega me lo rendeva un po' "antipatico", ma sono uscita dalla presentazione con una copia autografata in mano e una gran voglia di iniziare a leggerlo.
Marco Balzano, giovane professore, ha spiegato la genesi del libro (anche nella nota finale del libro) e parlato un po' della storia dentro la storia. Ha inserito la sua vicenda inventata, ma verosimile, in una macrostoria vera ma semisconosciuta.

In meno di 200 pagine le due storie si intessono perfettamente una con l'altra.
Lo stile è semplice e il ritmo costante. E' un raccontare nel senso più stretto del termine, senza eccessi.
La voce narrante è Trina, e la vicenda è incentrata sulla sua vita, i suoi pensieri, i suoi ricordi, le sue tragedie... ma intorno c'è l'Alto Adige, il Sud Tirolo dei tempi della seconda guerra mondiale e in particolare il paese di Curon.
Questo territorio ha avuto una storia molto particolare ignorata dai più. Nel giro di trent'anni scarsi è passato dall'essere austriaco al diventare italiano (mantenendo lingua e cultura tedesche),  per poi durante il fascismo vedersi vietare la lingua da sempre parlata e per quasi tutti unica conosciuta. Così, mentre le maestre clandestine nelle stalle insegnavano ai bambini il tedesco vietato nelle scuole, con il rischio concreto di finire al confino, la gente aspettava i tedeschi come dei liberatori. I nazisti occupano il territorio fino alla fine della guerra, che riporta la bandiera italiana, il bilinguismo e la tranquillità... o quasi. Infatti, dopo decenni di sole parole, nel 1950 la diga che alimenta una centrale idroelettrica viene costruita e il paese di Curon viene raso al suolo con il tritolo e totalmente sommerso.
Viene risparmiato solo il campanile del 1300,  che oggi emerge dal lago artificiale di Resia a testimoniare la cancellazione di un intero paese, insieme dell'identità storico culturale di un intera comunità.
"Resto qui" racconta questa controversa storia vera, mescolandola alla storia di Trina, una donna come ce ne furono tante durante la guerra, pratica, forte, determinata; di suo marito Erich, testardo come pochi, che non tradisce mai i suoi valori; di Marica e la sua assenza... e lo fa in modo semplice ma vivo, senza cadere nel pietismo o nella retorica.
Non lo dico spesso, anzi... ma questo libro mi è piaciuto veramente parecchio.

Oggi la Denny consiglia di immergersi nelle acque del lago di Resia per ripescare i ricordi di un piccolo paese contadino grazie a Marco Balzano e al suo romanzo "Resto qui".

Buona lettura.

Denny

Approfondimenti:
➡ https://it.wikipedia.org/wiki/Marco_Balzano
➡ https://it.wikipedia.org/wiki/Resto_qui
➡ https://it.wikipedia.org/wiki/Curon_Venosta
➡ http://www.reschensee.it/index_htm_files/storia-Curon-ital.pdf

Questo articolo partecipa al Venerdì del libro su HomeMadeMamma

Per la  Reading Challenge 2018 di TuttoPerTutti questo libro può rientrare nelle categorie: 01 - 12 - 25 o +1


sabato 27 ottobre 2018

LE RICETTE DELLA SIGNORA TOKUE - DURIAN SUKEGAWA

Qualche settimana fa ho fatto una scappata in Giappone grazie a ➡ "La ragazza del Convenience Store", che mi ha lasciato un gran voglia di conoscere questo paese. Perciò, per reimmergermi nella realtà nipponica, ho deciso di leggere un altro romanzo ambientato laggiù e la mia scelta è caduta su "Le ricette della Signora Tokue" di Durian Sukegawa, edito qualche mese fa da Einaudi.
Si tratta anche in questo caso di un romanzo breve (circa 170 pagg.) e con personaggi sventurati.
Il protagonista ufficiale è Santarò, un uomo di mezza età scontento della sua vita, rassegnato e dal passato non limpido, ma in verità questo ruolo è condiviso con Yoshii Tokue, un' anziana donna che ha molto sofferto nella vita e che, per quanto ormai guarita, risente dello stigma di una grave malattie tra le più nefaste della storia.
L'autore è poeta e scrittore ma anche pasticciere, e la cosa si nota parecchio in questo breve romanzo, perché con una scrittura fluida mescola con equilibrio immagini poetiche e ricette. La storia dei due protagonisti, a cui si aggiunge la giovane Wakana, è un impasto delicato e doloroso, con spatolate di malinconia, e il tempo è scandito dal germogliare e fiorire dei ciliegi.


Il titolo originale è solo "An", che è una specie di marmellata a base di azuki (fagioli rossi) con la quale si farciscono i dorayaki, dolci tipici giapponesi, l'unico prodotto che si vende nel piccolo locale gestito da Santarò.

Nonostante la storia sembri amara alla fine esalta il sapore della speranza e dell'amicizia.

Pensavo con questo libro di saziare la mia voglia di Giappone, invece adesso mi si è aggiunta una voglia pazzesca di assaggiare un dorayaki.

Buona lettura!

Denny

Approfondimenti:
http://www.einaudi.it/libri/autore/durian-sukegawa/0010997
http://www.einaudi.it/libri/libro/durian-sukegawa/le-ricette-della-signora-tokue/978880623679
➡ https://it.wikipedia.org/wiki/Le_ricette_della_signora_Toku (film)
➡https://it.wikipedia.org/wiki/Dorayaki


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mercoledì 24 ottobre 2018

CUORE BARBARO - LUCIA CANTONI (Anteprima)

E oggi voglio presentare una anteprima.
La bellissima copertina del nuovo romanzo rosa -storico di Lucia Cantoni "Cuore Barbaro" opera di Merak editing & graphics.
Il libro sarà presto disponibile in tutte le librerie online, intanto anticipo la trama:

777d.C
La guerra imperversa tra il popolo franco e quello longobardo per il controllo del nord Italia e del ducato del Friuli.
Biancofiore di Garold, figlia maggiore di un membro di spicco dell’aristocrazia longobarda, si vede costretta a uno straordinario atto di coraggio: offrirsi in pegno al nemico pur di salvare la vita della sua famiglia.
Rhies di Friulf è il fratello nonché capo delle guardie del nuovo duca del Friuli, il suo animo impetuoso, ma giusto lo spinge a salvare le sorti della giovane fanciulla rinchiusa nelle segrete della loro fortezza, prendendola in moglie.
Tuttavia, per Biancofiore essere sposata al nemico non sarà la prova più difficile da affrontare… non quando il vero avversario sarà il suo cuore.
Nella corte di Carlo Magno, tra guerrieri, antichi amori e leggende, solo il più puro tra i sentimenti guiderà alla vittoria.

Buone letture a tutti!

Kly

venerdì 12 ottobre 2018

LUNAVULCANO - ISABELLA SCHIAVONE

Edito nel giugno 2017 da Lastaria, "Lunavulcano" di Isabella Schiavone (Giornalista, dal 2002 al Tg1, prima ad Uno Mattina, poi come inviata a Tv7–Speciali, ora nella redazione Ambiente–Società) conta con appena 125 pagine, eppure affronta molteplici problematiche della vita moderna.
Questa piccola perla letteraria, comincia raccontando dell'appuntamento giornaliero di due donne per la loro partita a Ruzzle, gioco di parole online molto in voga sulle piattaforme social.
Isabella Schiavone tocca temi di estrema attualità prendendo come base per la narrazione l'amicizia virtuale tra Lunavulcano e Isuska. Due donne molto diverse tra loro: una parrucchiera di provincia sposata ad uno scrittore cieco e dall'altra parte una giornalista single in carriera che viaggia per filmare reportage sulla vita degli indigenti e in Africa per riprendere la vita dei bambini malati di AIDS ed abbandonati. 
La maternità, la povertà e salute dei bambini del terzo mondo, il nostro rapporto con gli animali domestici, la vita di coppia, l'omosessualità, ma senza l'animo di dipanare la problematica in tutta la sua complessità. Semplicemente offre uno spunto di riflessioni su tutta la società contemporanea.
Un libro che si legge facilmente e volentieri, ma che offre spunti di discussione e riflessione personale.
Un libro che ho goduto dalla prima all'ultima riga, proprio per la sua leggerezza anche nell'affrontare tematiche scottanti e crude.

Kly

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venerdì 5 ottobre 2018

LA RAGAZZA DEL CONVENIENCE STORE - MURATA SAYAKA





“La ragazza del Convenience Store” è il mio consiglio di lettura di questo venerdì.
Scritto dalla scrittrice nipponica Murata Sayaka nel 2016 è approdato in Italia lo scorso agosto, a cura delle Edizioni e/o.
Si tratta di un libro molto breve che si legge rapidamente.
Lo consiglio perché apre una finestra sulla realtà e sulla società giapponese… che poi è solo in apparenza diversa da quella occidentale.
La protagonista è Furukura Keiko, una trentaseienne che da 18 anni lavora part-time in un konbini, cioè in un minimarket che vende di tutto, aperto 24 ore su 24, 7 giorni su 7 (una realtà molto diffusa in Giappone). E’ una persona sola, schiva, apatica, decisamente sociopatica, probabilmente con precisi deficit emozionali, relazionali e psicologici mai approfonditi. Per la società è una persona strana ma lei, nella routine del konbini trova la sua dimensione e la sua tranquillità. Almeno fino a quando non viene alterata dal rapporto anomalo che instaura con un uomo.
La ragazza del Convenience Store” è una lettura che suscita diverse emozioni e riflessioni: sulla vita artificiosa che la società a volte impone, sull'omologazione, sulle aspettative degli altri, sulle relazioni…
A me a messo anche una gran voglia di partire per Tokyo per entrare in un konbini e comprare degli onigiri.

Buona lettura!


Approfondimenti:
https://en.wikipedia.org/wiki/Sayaka_Murata
https://www.edizionieo.it/book/9788833570167/la-ragazza-del-convenience-store
https://it.wikipedia.org/wiki/Convenience_store

Denny



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venerdì 21 settembre 2018

SALVEZZA e L'IMMIGRAZIONE SPIEGATA AI BAMBINI - MARCO RIZZO / LELIO BONACCORSO

Il tema del'immigrazione è di estrema attualità e credo che su certi argomenti sia doveroso informarsi. E lo si può fare anche attraverso dei fumetti.
"Salvezza" è una graphic-novel che nasce dalla collaborazione ormai collaudatissima tra Marco Rizzo, fumettista e giornalista, e Lelio Bonaccorso, fumettista e illustratore.
Il volume, edito da Feltrinelli Comics nel maggio 2018, è un reportage giornalistico disegnato, che racconta una delle tantissime missioni di salvataggio della nave Acquarius nel mediterraneo.
Non voglio dire altro... solo: sfogliatelo, guardate le immagini bianche, nere e arancioni, leggetelo, soffermandovi sui dati riportati, e poi passatelo ad altri, soprattutto ai ragazzi.

Per i più giovani, dai 7 anni circa, suggerisco degli stessi autori: "L'immigrazione spiegata ai bambini. Il viaggio di Amal" pubblicato nel 2016 da Becco Giallo.

Buona lettura.

Approfondimenti:
➡https://it.m.wikipedia.org/wiki/Aquarius_(nave_oceanografica)
➡https://it.m.wikipedia.org/wiki/Marco_Rizzo_(fumettista)
➡https://it.m.wikipedia.org/wiki/Lelio_Bonaccorso

Denny

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mercoledì 19 settembre 2018

ABBECEDARIO RICICLOSISSIMO

Le scuole, di ogni ordine e grado, sono ormai ricominciate. Per i bambini che saranno alle prese con l'alfabeto vi proponiamo di creare questo simpatico abbecedario con materiale di recupero.

Occorrente:
Cartone o base di altro materiale;
- 26 bottiglie di plastica complete di tappi;
- 2 serie complete di lettere stampate (A - Z);
Decorazioni a scelta;
Colla a caldo e colla stick;
- Seghetto e carta vetrata.

Procedimento:
Per prima cosa è necessario separare, utilizzando il seghetto, i colli dal resto delle bottiglie tagliando poco al di sotto del tappo, dove la plastica ha un ispessimento.
Con la colla a caldo incollare in modo ordinato i colli sul supporto scelto.
Vicino ad ogni collo e su ogni tappo va incollata una lettera dell'alfabeto. Per farlo é necessario preventivamente aver stampato tutto l'alfabeto due volte (in alternativa si possono scrivere le lettere con un pennarello indelebile nero).
Vicino al collo il carattere sarà stampatello maiuscolo mentre sul tappo minuscolo. 
Io ho voluto creare due serie di tappi: una con le lettere in stampato minuscolo, l'altra con il corsivo (in questa ho anche evidenziato le vocali utilizzando i tappi rossi).
L'ultima cosa da fare è decorare a piacimento.

Per i bambini della materna, con lo stesso procedimento, si può creare un gioco dove accoppiare oggetti o animali. L'avvitamento dei tappi aiuta anche lo sviluppo della manualità fine.

Ecco pronto un simpatico e riciclosissimo abbecedario per imparare le lettere.

Buon divertimento e buon apprendimento.


Denny