E’ uscito in aprile per
l’editrice Guanda ed è stato scritto da Bruno Arpaia.
Il filone a cui si ascrive è
quello della narrativa di anticipazione, sottogruppo del genere
fantascientifico.
In questo tipo di romanzo
l’autore ipotizza il futuro e crea una storia e dei personaggi coerenti con
esso. Spesso tra le righe si cela una netta denuncia alla società attuale.
In “Qualcosa, là fuori” siamo
nella seconda metà del XXI° secolo e il mondo è una landa inaridita dove gli
oceani sono estremamente acidi, le città sono in rovina e tutti i sistemi
civili sono saltati.
Tutte le estreme conseguenze
dell’effetto serra e dei cambiamenti climatici hanno trasformato il mondo intero
e innescato migrazioni di massa.
La storia ruota intorno a Livio,
un sessantenne, che, insieme a centinaia di disperati, parte dall’Italia e
cerca di raggiungere la Groenlandia, l’unica terra dove il clima è ancora
sopportabile.
Il viaggio, a piedi, per quanto organizzato e strapagato, è irto di pericoli (malattie e bande di predoni in
primis).
La narrazione viaggia su due
binari: il viaggio della speranza è inframmezzato da continui flashback (forse
un tantino troppi e troppo repentini a mio giudizio) che spiegano la storia
personale del protagonista e la storia dell’involuzione mondiale.
Viene raccontato come l’aumento
delle temperature, il surriscaldamento globale, l’innalzamento degli oceani, la
siccità e altri estremi climatici modificano gli equilibri mondiali.
Il lettore è condotto in un
viaggio nel tempo che parte dall’iniziale sottovalutazione del problema, al
punto di non ritorno, fino alle estreme conseguenze.
In questo romanzo il passato che
rivive è il nostro presente con l’attuale forma di “negazionismo” dei rischi
climatici. (NdA: Ho letto recentemente
questo articolino di Michele Serra che lo spiega meglio di me: l'amaca del 03/11/2016) --->
Il presente narrativo, invece, è il nostro futuro dove i migranti siamo noi.
Il presente narrativo, invece, è il nostro futuro dove i migranti siamo noi.
E poi si intravede un futuro di
definitiva rovina.
Con rigore scientifico e
attraverso scenari plausibili, nel romanzo, vengono ripercorse le tappe della
catastrofe climatica a partire dall’oggi, viste dagli occhi di persone comuni.
Nella narrazione si trovano anche
considerazioni su mezzi d’informazione, cultura e sociologia.
“Qualcosa, là fuori” è un libro
cupo e disperato ma anche interessante e scorrevole che vuole mettere in luce i
pericoli che corre il nostro pianeta se non si trova il modo di riparare ai
danni che allo stesso abbiamo causato.
E’ un semplice romanzo ma fa
pensare e lascia il lettore con una domanda da brivido: “il punto di non
ritorno l’abbiamo già superato?”.
I libri del filone “narrativa di
anticipazione” e/o “post-apocalittico” difficilmente ipotizzano un ritorno al
paradiso dell’Eden, ma, anzi, non immaginano niente di buono per il nostro
sconclusionato piccolo mondo rotondo.
Rientrano in questo genere
letterario alcuni romanzi, considerati ormai dei classici, che tutti dovrebbero
aver letto, e altri più recenti ma altrettanto interessanti.
Di seguito elenco alcuni di
questi romanzi che ho letto (di tutti ne è stato tratto anche un film).
- 1984 – Orwell (Imprescindibile! Perché il termine “grande fratello” non l’ha inventato la televisione!)
- Fahrenheit 451 – Bradbury (ne ho già parlato ---> qui)
- Il mondo nuovo – Huxley (un classico del genere)
- Non_lasciarmi – Ishiguro (deriva etica)
- I figli degli uomini – P.D. James (e se al mondo non nascessero più bambini?)
- La strada – Mc Carthy (Post-apocalittico per eccellenza)
- Hunger Games – Susanne Collins (più recente e per ragazzi ma non privo di aspetti interessanti)
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