Un giorno il guardiano di un faro stava osservando con il
suo cannocchiale il mare.
Le acque erano calme e tranquille ed il sole specchiandosi
tingeva d’oro le loro increspature. Il cielo era sereno e di un azzurro
intenso, armonizzava perfettamente con il mare.
Il guardiano con il cannocchiale perlustrava l’orizzonte in
continuazione ma ad un tratto fissò in un punto preciso il suo apparecchio: in
lontananza qualcosa si muoveva.
Un minuscolo puntino si faceva poco a poco più grande fino a
delinearsi in un veliero. Chissà di che nave si trattava? Forse un mercantile.
Non fece tempo ad appurarlo che un brivido gli percorse la schiena e lo
terrorizzò: il veliero issava una bandiera nera con disegnato un teschio, era
una nave pirata e la più temibile e crudele che solcasse quei mari.
Il suo comandante era chiamato Capitan Morten in riferimento
alla morte che seminava senza pietà dovunque approdasse.
La notizia dell’arrivo dei pirati in breve si sparse per
tutta la cittadina. Le campane cominciarono a suonare a distesa, il suono era
cupo e grave ad annunziare la calamità ed il pericolo che sovrastava quella
città. Fu un fuggi via generale: porte sprangate, nascondigli impensati, rifugi
segreti, animali messi in salvo e nascosti.
In poco tempo la città fu vuota sembrando una città
fantasma.
Intanto Capitan Morten ed i suoi uomini erano sbarcati in
prossimità della spiaggia. Si prestavano a brindare con rum e gin, i boccali
di rame scandivano rumorosamente, un baccanale infernale si elevava nell'aria.
Tre pirati che si erano allontanati tornarono poco dopo con
un capretto e un barile di vino, avevano a colpi di scimitarra abbattuto la
porta di un ovile prelevando l’animale e sfondato il portone di una cantina.
Furono accolti dalle grida festanti e sguaiate di quella
teppaglia come dei vincitori di chissà quale impresa. Non ci fu scampo per il
povero animale, in breve tempo fu messo ad arrostire allo spiedo; il fuoco
ardeva sulla spiaggia e la sua tenera carne rosolava per bene mentre in cerchio
attorno al fuoco quei forsennati se la godevano schiamazzando, bevendo,
imprecando.
Alcuni quasi ubriachi si stendevano sulla sabbia biascicando
parole incomprensibili, altri addormentati russavano così forte da coprire il
fragore delle,onde che lambivano la spiaggia.
Furono svegliati bruscamente a suon di manate, pugni e
strattoni dai loro compagni. Capitan Morten distribuiva porzioni di capretto ai
suoi uomini, il tutto annaffiato di buon vino appena trafugato.
Per tutto il giorno i pirati fecero baldoria e per
l’indomani avevano in mente di saccheggiare il paese e di darsi alla pazza
gioia.
I cittadini sapevano le abitudini di quegli esseri insani ed
avevano ben nascosto le loro donne: madri, mogli, sorelle, figlie e perfino
fanciulli. Tutto ciò perché temevano gli atti di violenza nei loro confronti,
intanto pur stando nascosti stavano all'erta, sempre tesi ad ogni rumore
sospetto e pregavano perché quell'inferno finisse presto.
Il giorno dopo Capitan Morten ed i suoi uomini entravano
sogghignando spavaldi in città, nei loro volti si leggeva una fierezza
selvaggia. Non persero tempo a mettere in atto i loro insani propositi,
cominciarono col depredare botteghe, specialmente quelle che vendevano oggetti
costosi a quel tempo: oro, argento, metalli preziosi, spezie aromatiche o
farmaceutiche. Ma non si accontentarono, fecero provviste per la loro dispensa
e per la loro cambusa, alleggerirono i cittadini di animali, di viveri di ogni
genere, di liquori e vini. Diedero l’assalto ai granai, trafugarono quintali di
farina, non risparmiarono nulla che a loro interessasse. Infine ebbero
attenzioni disoneste anche per le donne che riuscivano a scoprire, ma i
cittadini riuscirono a difenderle anche con sacrificio di sé stessi, da veri
uomini dignitosi e fieri di giustizia.
Dopo tanto raccapriccio provato dai poveri abitanti di quel
luogo e tanta scelleratezza da parte dei pirati, Morten ordinò ai suoi uomini
di ritornare sulla nave con il bottino conquistato. Dopo aver caricato il tutto
la nave si illuminò a giorno, si fece baldoria, un baccanale impossibile che
si udiva a molta distanza e che teneva la popolazione in continua tensione e
paura.
Intanto i pirati pur banchettando ragionavano e progettavano
un nuovo viaggio per poter depredare una nuova città e rendere il loro bottino
più consistente. Capitan Morten con la carta spiegata sul ponte della nave
illustrava ai suoi uomini più fidati i suoi intenti ed il nuovo itinerario da
seguire, ma per un attimo fu indeciso e barcollò, la stessa cosa successe agli
uomini che aveva accanto: si sentirono storditi e non sapevano farsi una
ragione. Poi non ebbero più dubbi, si affacciarono tenendosi aggrappati al
parapetto a balaustra della nave e videro una luce intensa che si rifletteva su
di loro. Fecero molta fatica a distinguere da dove provenisse ma pian piano la
visione fu nitida e reale: su un grande scoglio poco distante da dove la nave
era ancorata, una figura di fanciulla emanava fasci di luce.
Seppur stordito e confuso facendo forza su sé stesso il
comandante chiese alla fanciulla:
- Chi sei strana creatura?
- Mortisia la sirena di questo mare. – Rispose risoluta la
strana figura.
Un ghigno beffardo trasparì dalle labbra del capitano ed i
suoi uomini e finì in una sonora ed ironica risata. La fanciulla non si
intimorì di fronte a tanto cinismo e continuò a parlare:
- Tu sei venuto sulle coste di questa città per incutere
terrore e nuocere a questi pacifici cittadini, dovresti andartene, di male ne
hai fatto abbastanza!
Capitan Morten rispose sarcastico:
- Proprio tu Mortisia che porti un nome di sventura osi
parlare? Ti ordino di tacere!
La sirena continuò
imperterrita:
- Non tacerò! Io come creatura del mare nacqui senza un nome
proprio, ma una notte di tempesta fui testimone del naufragio di un
peschereccio. Un pescatore per improvviso malore scomparve tra i flutti del
mare senza che io potessi aiutarlo e non fu più ritrovato. Il mio dolore fu
così acuto che da quel triste giorno imposi a me stessa il nome di Mortisia, in
ricordo di quella notte orribile e per rispetto di quella morte prematura ed
improvvisa.
Ella continuò triste:
- Vedi Capitano il mio nome non porta sventura ma è un
invito alla prudenza, i cittadini di questo luogo lo sanno e non osano più
avventurarsi in mare quando il maltempo non lo permette.
- Capitano! – gridarono gli uomini scuotendolo dal suo
mutismo – non l’ascoltiamo! Vuole solo confonderci, siamo uomini forti,
navigatori provati dalle dure lotte e combattenti, non possiamo dare retta ai
sentimentalismi sciocchi di questo strano essere. Capitano, Capitano...!
Morten era visibilmente colpito e commosso dal racconto
della sirena e si chiuse in sé stesso in assoluto mutismo, aggrappato al
parapetto della sua nave guardava il mare assorto nei suoi pensieri.
Mortisia tutta raccolta sul suo scoglio guardò la luna e
cominciò a cantare, la sua voce melodiosa si diffondeva nella notte e faceva
breccia nel cuore del Capitano.
Gli uomini chinarono il capo rassegnati, avrebbero
probabilmente perso il loro comandante. Infatti Morten si riebbe un istante e rivolgendosi
ai suoi uomini con voce ferma e grave disse:
- Il mio compito è finito, non ci saranno più scorribande
nelle città, non approderò più su coste indifese per mietere terrore e
depredare, non userò più violenza verso i deboli e gli indifesi. Mi ritiro da
questa vita insana!
I suoi uomini lo guardarono perplessi e incapaci di
qualsiasi reazione, ma Morten imperterrito comandò:
- Tu Paco – indicando uno dei suoi uomini migliori – sarai il
nuovo comandante, affido a te la ciurma. Calerai tutte le scialuppe di
salvataggio in mare e ve ne andrete su di esse dove riterrete opportuno. Io
rimango qui con la mia nave, ma prima – proseguì il Capitano con voce rotta per
l’emozione – firmerai questo trattato di pace.
Srotolò con fermezza una pergamena sulla quale scrisse a caratteri cubitali che perennemente su quella costa era vietato lo
sbarco ai pirati di qualsiasi ceto o nazione.
Paco fedele al suo comandante firmò il trattato ed entrambi
sigillarono lo scritto con il proprio marchio di casta e di appartenenza alla
navigazione pirata. Poi fu il momento dell’addio, Morten abbracciò i suoi
uomini compito e freddo come un vero e forte uomo di mare.
Quando tutti gli uomini furono disposti sulle scialuppe con
viveri e soccorsi e gradatamente si allontanavano dalla sua vista, al
comandante dal cuore duro sfuggì una lacrima di malinconia e rimpianto, ma
subito l’asciugò con impulsivo orgoglio.
Mortisia smise di diffondere le dolci note modulate dalla
sua ugola d’oro ed indirizzò il suo sguardo verso il Capitano il quale rimase
così affascinato e colpito che mitigò la sua durezza in un lieve sorriso appena
percettibile ma significativo.
Oggi ancora dopo tanti anni, sulla costa di quella città è
in vigore l’abolizione della pirateria navale in ricordo di quei tempi tristi
ma poi in seguito fiorenti di pace e serenità.
La nave del Capitan Morten è diventata un museo illustre che
ricorda gesta di terrore ma anche di coraggio e di fierezza e d’amore tra un
pirata e una sirena.
Morten e Mortisia sono il simbolo della speranza e della
vita anche se sai loro nomi non ne traspare il significato.
MORALE: La violenza e l’arroganza non ci insegnano ad essere
veri uomini ma solo il coraggio delle nostre azioni unite all'amore ed alla
comprensione ci danno la conferma di esserlo.
Milano. 06 luglio 1987
Nonna Mariuccia
Nonna Mariuccia
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