martedì 7 ottobre 2014

LEPRI E TARTARUGHE

E l'ho trovato così, confuso e impaurito nei suoi panni stretti e scoloriti. La faccia appesa e le mani infilate nelle tasche. Così, appoggiato al muretto, nella sua posa classica, con la testa bassa e le spalle curve, come se stesse riflettendo su qualcosa di molto importante, più grande di lui. Dimesso ma non dispiaciuto, triste ma non pentito con una rabbia repressa che continuava a bollire dentro come lava che scava una voragine incandescente nel ventre del suo vulcano. Cercando qualcosa che non sapeva nemmeno lui. La voglia di reagire, alzare i pugni, urlare o piangere schiacciata dall'esigenza di creare un silenzio sospetto e indifeso che nemmeno la musica riusciva a disincantare. L'ennesimo litigio, l'ennesima discussione tra noi ed ecco che matura in lui la convinzione di sentirsi sempre più emarginato e incompreso dal mondo. Non era più un bambino da un po' ormai e nonostante spiccasse ancora fortemente la marcata purezza dei lineamenti, la statura rivelava tracce di crescita verso un mondo adulto. Il corpo ingombrante col quale ogni giorno era costretto a fare i conti per entrare in abiti e scarpe sempre più sfuggenti rivelava un disagio prima fisico e poi caratteriale.
Da un po' di tempo ormai aveva uno sguardo assente, ma fisso altrove, da qualche parte che gli stava particolarmente a cuore ma che evidentemente non poteva avere lì con sé come avrebbe desiderato. 
Non posso fare a meno di pensare a quanto sia stato facile amarlo da piccolo e a quanto sia impegnativo continuare a farlo ora che il suo tono di voce prevarica il mio. 
Amare non richiede capacità innaturali, tutti ci riescono, ma per qualcuno credo che a volte sia quasi una sfida. Soprattutto quando ad un certo punto quello che fino a ieri hai nutrito e riempito di cure si trasforma in un tuo simile e si impone con tutti i suoi attributi. 
E' qui che amare richiede lo sforzo maggiore che si traduce di volta in volta in pazienza, severità, autorevolezza ed esemplarità fino a far crescere un'aureola sul capo anche del più distratto o assente dei genitori. 
E la vita non aiuta, non ci attrezza, non ci fornisce gli antidoti contro la rabbia o gli opportuni paraurti per le facciate. Nessuno ci dota di misure cautelative contro gli sbalzi eccessivi di umore, le precauzioni per le delusioni. Nessuna etichetta con scritto: Agitare bene prima dell'uso! per evitare magari che qualcosa di sgradevole si depositi sul fondo. 
Anche seguendo alla lettera un perfetto manuale (peraltro inesistente) delle generazioni precedenti, ogni volta che ci si trova ad affrontare un rapporto genitore-figlio e si è il genitore, come la si fa si fa, si sbaglia. E spesso con loro si sbaglia momento, si sbagliano le parole, le azioni, i toni, tutto. E poi si aspetta. Con fiducia. Che torni il sereno. 
Una piccola convinzione che le generazioni passate fossero più abili a non farsi sopraffare dai loro figli però non me la toglie comunque nessuno. 
Mi chiedo dove sia iniziata la rottura tra noi, quando la somma delle energie scompensate abbia creato quella pesante lega di piombo che non riesce a restare a galla nell'ordinarietà dei giorni. 
Provo ad analizzare il suo mondo così vuoto e distante dal mio dove una palla che ruota su uno schermo provoca benessere o malessere a seconda che si infili o meno in una rete; la vibrazione di uno strumento informatico soccombe alla solitudine e della musica dai testi ribelli e profani costruita su tre note che si ripetono all'infinito procura emozione. E non mi ci trovo. Nemmeno se mi sforzo. Allora mi chiedo ancora se questo gap non sia altro che la lettura in chiave moderna dell'eterno conflitto genitori-figli, adulti-ragazzi o non sia piuttosto un segnale di un mutamento genetico violento e improvviso che stia allontanando per sempre i giovani d'oggi da tutto il passato che li ha preceduti. Se così fosse io e altri coetanei genitori come me saremmo l'ultimo anello di una catena spezzata e la cosa mi farebbe sentire un po' fallita. 
Ma mentre invano cerco le risposte o altre probabili ipotesi, mi accorgo che il tempo passa e il divario generazionale si allarga sempre più vertiginosamente e i genitori prendono le sembianze di Tartarughe goffe e lente che non riescono a stare al passo dei figli sempre più Lepri mentre il destino sfugge dalle nostre mani perché questa, volenti o nolenti, è la vita. 

Sonia Cascitelli

7 commenti:

  1. Sì, è la vita! Che procede senza fermarsi mai. Che corre veloce e non sempre possiamo starle dietro come vorremmo.
    Bellissimo post! Complimenti Sonia

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    1. Grazie Patrizia, tu carinissima come sempre! Sonia ti ringrazia dei complimenti, appena potrà tornare on-line lo farà personalmente!
      eh si comunque, noi mamme di adolescenti a volte non sappiamo più come prenderli... che Santa pazienza hai che avere!! ma tempo al tempo e se abbiamo fatto una buona semina negli anni, raccoglieremo i frutti al giusto tempo di maturazione!!
      Buona serata...
      Kly

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    2. Scusa kly mi ero persa la tua risposta ma non ho ricevuto la notifica. boh!!!! Ogni tanto capita...
      Comunqque ti ho taggato qui
      Un bacio!

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    3. Ne ho dimenticato un pezzo... :)))
      Sì, noi genitori fatichiamo sempre. Per averli, metterli al mondo, crescerli farne adulti responsabili.
      Non siamo perfetti e nessuno vuole esserlo, però, sì daiiii... abbiamo seminato bene! Vedrai!

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    4. Grazie Patricia!! Sei sempre di una gentilezza estrema!!
      Buona serata!!
      Kly

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  2. E' un piacere sapere di essere letta e compresa....grazie!

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  3. Figurati, Sonia! Quando ci vogliono ci vogliono!!!!
    Buon weekend e alla prossima lettura!!!!

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