venerdì 27 dicembre 2013

IL PIRATA E LA SIRENA

Un giorno il guardiano di un faro stava osservando con il suo cannocchiale il mare.
Le acque erano calme e tranquille ed il sole specchiandosi tingeva d’oro le loro increspature. Il cielo era sereno e di un azzurro intenso, armonizzava perfettamente con il mare.
Il guardiano con il cannocchiale perlustrava l’orizzonte in continuazione ma ad un tratto fissò in un punto preciso il suo apparecchio: in lontananza qualcosa si muoveva.
Un minuscolo puntino si faceva poco a poco più grande fino a delinearsi in un veliero. Chissà di che nave si trattava? Forse un mercantile. Non fece tempo ad appurarlo che un brivido gli percorse la schiena e lo terrorizzò: il veliero issava una bandiera nera con disegnato un teschio, era una nave pirata e la più temibile e crudele che solcasse quei mari.
Il suo comandante era chiamato Capitan Morten in riferimento alla morte che seminava senza pietà dovunque approdasse.
La notizia dell’arrivo dei pirati in breve si sparse per tutta la cittadina. Le campane cominciarono a suonare a distesa, il suono era cupo e grave ad annunziare la calamità ed il pericolo che sovrastava quella città. Fu un fuggi via generale: porte sprangate, nascondigli impensati, rifugi segreti, animali messi in salvo e nascosti.
In poco tempo la città fu vuota sembrando una città fantasma.
Intanto Capitan Morten ed i suoi uomini erano sbarcati in prossimità della spiaggia. Si prestavano a brindare con rum e gin, i boccali di rame scandivano rumorosamente, un baccanale infernale si elevava nell'aria.
Tre pirati che si erano allontanati tornarono poco dopo con un capretto e un barile di vino, avevano a colpi di scimitarra abbattuto la porta di un ovile prelevando l’animale e sfondato il portone di una cantina.
Furono accolti dalle grida festanti e sguaiate di quella teppaglia come dei vincitori di chissà quale impresa. Non ci fu scampo per il povero animale, in breve tempo fu messo ad arrostire allo spiedo; il fuoco ardeva sulla spiaggia e la sua tenera carne rosolava per bene mentre in cerchio attorno al fuoco quei forsennati se la godevano schiamazzando, bevendo, imprecando.
Alcuni quasi ubriachi si stendevano sulla sabbia biascicando parole incomprensibili, altri addormentati russavano così forte da coprire il fragore delle,onde che lambivano la spiaggia.
Furono svegliati bruscamente a suon di manate, pugni e strattoni dai loro compagni. Capitan Morten distribuiva porzioni di capretto ai suoi uomini, il tutto annaffiato di buon vino appena trafugato.
Per tutto il giorno i pirati fecero baldoria e per l’indomani avevano in mente di saccheggiare il paese e di darsi alla pazza gioia.
I cittadini sapevano le abitudini di quegli esseri insani ed avevano ben nascosto le loro donne: madri, mogli, sorelle, figlie e perfino fanciulli. Tutto ciò perché temevano gli atti di violenza nei loro confronti, intanto pur stando nascosti stavano all'erta, sempre tesi ad ogni rumore sospetto e pregavano perché quell'inferno finisse presto.
Il giorno dopo Capitan Morten ed i suoi uomini entravano sogghignando spavaldi in città, nei loro volti si leggeva una fierezza selvaggia. Non persero tempo a mettere in atto i loro insani propositi, cominciarono col depredare botteghe, specialmente quelle che vendevano oggetti costosi a quel tempo: oro, argento, metalli preziosi, spezie aromatiche o farmaceutiche. Ma non si accontentarono, fecero provviste per la loro dispensa e per la loro cambusa, alleggerirono i cittadini di animali, di viveri di ogni genere, di liquori e vini. Diedero l’assalto ai granai, trafugarono quintali di farina, non risparmiarono nulla che a loro interessasse. Infine ebbero attenzioni disoneste anche per le donne che riuscivano a scoprire, ma i cittadini riuscirono a difenderle anche con sacrificio di sé stessi, da veri uomini dignitosi e fieri di giustizia.
Dopo tanto raccapriccio provato dai poveri abitanti di quel luogo e tanta scelleratezza da parte dei pirati, Morten ordinò ai suoi uomini di ritornare sulla nave con il bottino conquistato. Dopo aver caricato il tutto la nave si illuminò a giorno, si fece baldoria, un baccanale impossibile che si udiva a molta distanza e che teneva la popolazione in continua tensione e paura.
Intanto i pirati pur banchettando ragionavano e progettavano un nuovo viaggio per poter depredare una nuova città e rendere il loro bottino più consistente. Capitan Morten con la carta spiegata sul ponte della nave illustrava ai suoi uomini più fidati i suoi intenti ed il nuovo itinerario da seguire, ma per un attimo fu indeciso e barcollò, la stessa cosa successe agli uomini che aveva accanto: si sentirono storditi e non sapevano farsi una ragione. Poi non ebbero più dubbi, si affacciarono tenendosi aggrappati al parapetto a balaustra della nave e videro una luce intensa che si rifletteva su di loro. Fecero molta fatica a distinguere da dove provenisse ma pian piano la visione fu nitida e reale: su un grande scoglio poco distante da dove la nave era ancorata, una figura di fanciulla emanava fasci di luce.
Seppur stordito e confuso facendo forza su sé stesso il comandante chiese alla fanciulla:
- Chi sei strana creatura?
- Mortisia la sirena di questo mare. – Rispose risoluta la strana figura.
Un ghigno beffardo trasparì dalle labbra del capitano ed i suoi uomini e finì in una sonora ed ironica risata. La fanciulla non si intimorì di fronte a tanto cinismo e continuò a parlare:
- Tu sei venuto sulle coste di questa città per incutere terrore e nuocere a questi pacifici cittadini, dovresti andartene, di male ne hai fatto abbastanza!
Capitan Morten rispose sarcastico:
- Proprio tu Mortisia che porti un nome di sventura osi parlare? Ti ordino di tacere!
La sirena continuò  imperterrita:
- Non tacerò! Io come creatura del mare nacqui senza un nome proprio, ma una notte di tempesta fui testimone del naufragio di un peschereccio. Un pescatore per improvviso malore scomparve tra i flutti del mare senza che io potessi aiutarlo e non fu più ritrovato. Il mio dolore fu così acuto che da quel triste giorno imposi a me stessa il nome di Mortisia, in ricordo di quella notte orribile e per rispetto di quella morte prematura ed improvvisa.
Ella continuò triste:
- Vedi Capitano il mio nome non porta sventura ma è un invito alla prudenza, i cittadini di questo luogo lo sanno e non osano più avventurarsi in mare quando il maltempo non lo permette.
- Capitano! – gridarono gli uomini scuotendolo dal suo mutismo – non l’ascoltiamo! Vuole solo confonderci, siamo uomini forti, navigatori provati dalle dure lotte e combattenti, non possiamo dare retta ai sentimentalismi sciocchi di questo strano essere. Capitano, Capitano...!
Morten era visibilmente colpito e commosso dal racconto della sirena e si chiuse in sé stesso in assoluto mutismo, aggrappato al parapetto della sua nave guardava il mare assorto nei suoi pensieri.
Mortisia tutta raccolta sul suo scoglio guardò la luna e cominciò a cantare, la sua voce melodiosa si diffondeva nella notte e faceva breccia nel cuore del Capitano.
Gli uomini chinarono il capo rassegnati, avrebbero probabilmente perso il loro comandante. Infatti Morten si riebbe un istante e rivolgendosi ai suoi uomini con voce ferma e grave disse:
- Il mio compito è finito, non ci saranno più scorribande nelle città, non approderò più su coste indifese per mietere terrore e depredare, non userò più violenza verso i deboli e gli indifesi. Mi ritiro da questa vita insana!
I suoi uomini lo guardarono perplessi e incapaci di qualsiasi reazione, ma Morten imperterrito comandò:
- Tu Paco – indicando uno dei suoi uomini migliori – sarai il nuovo comandante, affido a te la ciurma. Calerai tutte le scialuppe di salvataggio in mare e ve ne andrete su di esse dove riterrete opportuno. Io rimango qui con la mia nave, ma prima – proseguì il Capitano con voce rotta per l’emozione – firmerai questo trattato di pace.
Srotolò con fermezza una pergamena sulla quale scrisse a caratteri cubitali che perennemente su quella costa era vietato lo sbarco ai pirati di qualsiasi ceto o nazione.
Paco fedele al suo comandante firmò il trattato ed entrambi sigillarono lo scritto con il proprio marchio di casta e di appartenenza alla navigazione pirata. Poi fu il momento dell’addio, Morten abbracciò i suoi uomini compito e freddo come un vero e forte uomo di mare.
Quando tutti gli uomini furono disposti sulle scialuppe con viveri e soccorsi e gradatamente si allontanavano dalla sua vista, al comandante dal cuore duro sfuggì una lacrima di malinconia e rimpianto, ma subito l’asciugò con impulsivo orgoglio.
Mortisia smise di diffondere le dolci note modulate dalla sua ugola d’oro ed indirizzò il suo sguardo verso il Capitano il quale rimase così affascinato e colpito che mitigò la sua durezza in un lieve sorriso appena percettibile ma significativo.
Oggi ancora dopo tanti anni, sulla costa di quella città è in vigore l’abolizione della pirateria navale in ricordo di quei tempi tristi ma poi in seguito fiorenti di pace e serenità.
La nave del Capitan Morten è diventata un museo illustre che ricorda gesta di terrore ma anche di coraggio e di fierezza e d’amore tra un pirata e una sirena.
Morten e Mortisia sono il simbolo della speranza e della vita anche se sai loro nomi non ne traspare il significato.


MORALE: La violenza e l’arroganza non ci insegnano ad essere veri uomini ma solo il coraggio delle nostre azioni unite all'amore ed alla comprensione ci danno la conferma di esserlo.



Milano. 06 luglio 1987

Nonna Mariuccia 

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